Regia di Ridley Scott vedi scheda film
Su Marte scoppia la (solita) tempesta di sabbia e l'astronauta Mark Watney (Matt Damon) viene creduto morto dal resto dell'equipaggio, comandato da Melissa (Jessica Chastain), facente parte della missione Ares 3; ma, come dice il titolo nostrano, l'uomo è sopravvisssuto e deve ingegnarsi a far fronte alle necessità primarie come respirare, mangiare e bere. Nel frattempo riesce a comunicare la sua presenza alla base, che deve a sua volta studiare cosa fare per recuperarlo: con l'aiuto e la pensata di uno studioso particolarmente brillante, dell'Agenzia Spaziale Cinese (questa furbata in sede di sceneggiatura 'allargherà' gli orizzonti commerciali del film sull'ampio mercato cinese) e dei membri della missione Ares 3 si tenterà un'impresa ai confini della realtà.
'The Martian' rappresenta la quarta incursione del cineasta inglese nel genere fantascienza, all'interno del quale ha sfornato due capolavori come 'Blade Runner' e 'Alien' - 'Prometheus' non l'ho ancora visto - ma io mi chiedo come alcuni critici (Lou Lumenick del New York Post) possano ritenere tale sua ultima fatica addirittura il suo film migliore!
Di 'The Martian' ciò che colpisce maggiormente è la maestria nella messa in scena, sempre accuratissima, dell'autore, tanto nelle riprese in campo lungo che mostrano un territorio (ricostruito in Giordania) sconfinato e fondamentalmente ostile quanto in quelle più intimiste che narrano del 'nostro' intento a curarsi dalle ferite (gli astronauti sanno proprio fare tutto...), a coltivare il suo orticello (è anche un botanico!) per ovviare alla fame e a far passare il tempo ascoltando la Dance Music che tanto piaceva al suo comandante, senza preoccuparsi più di tanto del fatto di essere l'unico su quel Pianeta e come o chi lo salverà.
Il punto debole invece risiede, a mio avviso, in uno script di Drew Goddard, tratto dal romanzo di Andy Weir, che attinge a piene mani dai più triti e ritriti luoghi comuni sui film di fantascienza improntati su un salvataggio, con i primi tentativi abortiti, le schermaglie tra i vari settori della NASA, dai piani alti del direttore (un bolso Jeff Daniels) ai livelli intermedi (Kristen Wiig è carina ma il suo personaggio è insulso, mentre Sean Bean e Chiwetel Eijofor, grazie a figure meglio definite, fanno il loro sporco lavoro) per passare alla manovalanza, che sarà decisiva nello smuovere il tutto dall'empasse (Donald Glover nei panni di Rich Purnell, c'è sempre un genio più genio degli altri in questi film), ai rapporti, prima freddi, poi collaborativi, con la nuova grande superpotenza, la Cina, fino all'operazione recupero, gestita con toni timorosi all'avvio poi sempre più trionfali man mano che l'obiettivo è più vicino, il tutto in diretta mondiale sugli schermi e sulle piazze di tutto il mondo, che festeggia manco fosse Capodanno.
Buona comunque la parte tecnica, sotto la guida sapiente dell'autore, con il montaggio ispirato dell'ormai fidato Pietro Scalia, che ben riesce a gestire le molteplici location della storia, e la luccicante fotografia di Dariusz Wolski, e in particolare la prova di Matt Damon, protagonista assoluto tra la coralità degli altri interpreti, che ricorda e, forse perfino cita, magro e con la barba lunga, il Tom Hanks di 'Castaway', il quale ben si adatta alla sua esperienza da uomo solo nell'ignoto; brava ma sacrificata dal ruolo Jessica Chastain.
Voto: 6.
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