Regia di Quentin Tarantino vedi scheda film
Nata originariamente come seguito del precedente Django Unchainede modificata successivamente più volte, anche a causa della pubblicazione su Internet di una delle sue versione, l'ottava fatica cinematografica di Quentin Tarantino si presenta soprattutto come una pièce teatrale di stampo western andando a raccontare sulla strada innevata per Red Rock di una diligenza in fuga dai fantasmi della Guerra Civile che, causa una tempesta di neve, è costretta a trovare rifugio in un emporio commerciale insieme ad altri viaggiatori, forzatamente (e pericolosamente) tutti insieme e disposti come pedine su una scacchiera da Tarantino in quanto "effige" di una nazione nascente nel quale covano rancori e diffidenze post-belliche ormai prossime ad esplodere.
Pur rimanendo sotto molti aspetti un piacevolissimo divertissement tarantiniano, questo sua nuova opera si rivela invece piuttosto diverso dai suoi più recenti lavori (Django Unchained e Bastardi senza Gloria), meno barocco e divertito e permeata invece da un nichilismo disperato nel quale gli otto comprimari della pellicola, una micro società oppressa dai propri fantasmi, non tarderanno a rivelare la propria mostruosità in un gioco al massacro sadico e violento, senza nè vinti nè vincitori.
Quentin Tarantino, autore innamorato di cinema e delle sue tradizioni ma al contempo irriverente e iconoclasta, realizza un western anomalo e claustrofobico, quasi crepuscolare, nel quale riportare le sue riflessioni sulla storia americana, in una sua nuova parentesi maggiormente politicizzata rispetto ad altre opere, e penellando di paranoia e nuove ossessioni il suo clasico universo verboso ed eloquente grazie a un film promiscuo in cui si fondono le sue Le Iene con La Cosa di Carpenter, il giallo alla Agatha Christie e l'horror esagerato di Sam Raimi (il personaggio di Daisy ma anche le teste che esplodono come fuochi d'artificio o il sangue sputato a litri sul pavimento delle vittime di avvelenamento).
Non si fa quindi fatica a comprendere come parte della critica USA sia rimasta sorpresa o anche spiazzata dal cinismo e dal nichilismo senza speranze di questa pellicola.
Il film è girato in 70mm e tecnicamente è ineccepibile, anche grazie alla fruttuosa collaborazione con il bravissimo Robert Richardson alla fotografia (veramente eccellente, anche negli interni) e, dopo anni di corteggiamento da parte del Taranta, con la colonna sonora del maestro Ennio Morricone (e vincitore per questa pellicola del premio Oscar), particolarmente greve e inquietante esattamente come i toni della pellicola, anche a fronte di una durata particolarmente impegnativa.
Anche in questo caso Tarantino è riuscito ad affidare i suoi dialoghi personalissimi e logorroici ad alcuni interpreti eccezionali, dai soliti solidali ad alcune new entry da cui sono poi venute le sorprese maggiori, a ulteriore prova delle ottime capacità non solo di scelta degli interpreti ma anche di di direzione degli attori del regista.
Quindi ad un magniloquente Samuel L. Jackson, per l'occasione particolarmente "waltziano", per così dire, si aggiungono le ottime new entry Jennifer Jason Leigh e Walton Goggins, entrambi alla prima esperienza con il Taranta ma capaci anche di rubare la scena più volte a veterani come Tim Roth e Michael Madsen, anche se quest'ultimi relegati questa volta in ruoli di contorno.
VOTO: 7
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