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Irrational Man

Regia di Woody Allen vedi scheda film

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La recensione su Irrational Man

di mck
8 stelle

«Irrational Man», o: della Pareidolia Morale.

 

La famosa citazione - «The reasonable man adapts himself to the world; the unreasonable one persists in trying to adapt the world to himself. Therefore all progress depends on the unreasonable man.» - tratta dalla commedia para-übermenschiana (Nietzsche) e contro-dongiovannesca (de Molina, Bertati, Da Ponte) in 3 atti di G.B. Shaw del 1903, «Man and SuperMan», era già alla titolante base, per rimanere al cinema recente, del «An Unreasonable Man» di Mantel & Skrovan, il documentario dedicato a Ralph Nader, il politico indipendente di centro-sinistra di area verde & progressista-riformista che più volte in quarant’anni, dai primi anni ‘70 a fine anni ‘00, partecipò alla corsa per le presidenziali U.S.A., contribuendo in un caso alla vittoria per un soffio di G.W. Bush Jr. nei confronti di Al Gore, con l’endorsement dello stesso Michael Moore che 4 anni dopo dedicò in parte a quella sconfitta «Fahrenheit 9/11»: ecco, Woody Allen non quota espressamente…

(fra il piccolo profluvio di riferimenti e virgolettati da lezione universitaria oltre al lapalissiano Fedor Dostoevskij di «Delitto e Castigo», innestato con l’inflazionata citazione a commento manoscritto in esergo a piè di pagina di Hannah Arendt sulla Banalità del Male - che qui si trasforma in quella non del Bene, della Giustizia, della Morale, dell’Etica, ma dell’Indifferente Caso, che assume valenza consapevolmente positiva solo agli occhi dell’essere umano, trattandosi infatti di un caso di pareidolia della coscienza, con una mini-torcia tascabile a guisa di Lanterna di Diogene di Sinope: «Cerco l'uomo che vive secondo la sua più autentica natura, cerco l'uomo che, al di là di tutte le esteriorità, le convenzioni o le regole imposte dalla società e al di là dello stesso capriccio della sorte e della fortuna, ritrova la sua genuina natura, vive conformemente a essa e così è felice.» -, compaiono Heidegger, Kant, Kierkegaard, Sartre, etc..., più, di sguincio, il Bergman di "Luci d'Inverno")

…l’enunciato dell’autore di «Saint Joan», né, e soprattutto, il saggio del 1958 di William Barrett, quasi omonimo al film, «Irrational Man: A Study In Existential Philosophy», che del cogitare di quei pensatori è intriso, ma per l’appunto di quello, tautologicamente, si tratta: un piccolo volo per un uomo, un minuscolo passo - da ferma ("Questo è omicidio! Ed apre la porta ad altri omicidi!") sul posto - per l’umanità.

 

- "E cosa ti serve, per respirare?"

- "Ah... Io... Non... La voglia di respirare..."

 

 

«È molto conservatore, in modo liberale, direi.»

 

Da evidenziare, da una parte, l’utilizzo composto di una doppia voce narrante, di cui solo una in zona «SunSet Boulevard», e dall’altra quello «spasmodico» e perfettamente integrato - nelle scene puramente drammatiche così come in quelle più sottilmente «giocose»: l’irruzione in casa del professore da parte della sua allieva-amante - della «the ‘In’ Crowd» di Billy Page del 1964 nella versione strumentale del Ramsey Lewis Trio dell’anno dopo, e tre scene paradigmatiche: la prima dimostrante, se ce ne fosse bisogno, l’eccezionale bravura di Joaquin Phoenix, grazie all’understatement col quale mette in scena una roulette russa «5 su 6», la seconda evidenziante - con l'allestimento dell’omicidio, che rimarrà fuori campo, pivilegiando la costruzione della premeditazione e il rovescio emotivo (rimorso, paura, adrenalina) appena successivo all’accaduto ancora in accadimento - tanto la capacità di Allen di organizzare tensione e suspense hitchcockiane (così come, diversamente & liminalmente, nei precedenti «Crimes and Misdemeanors», «Match Point» e «Cassandra's Dream» e nel successivo «Wonder Wheel») quanto quella di saper sfruttare a dovere, col montaggio «a freddo» di Alisa Lepselter, le doti recitative di Phoenix, e la terza, al contrario, essendo la mena riuscita (per com’è stata realizzata, non per com’è stata scritta) non solo fra quelle menzionate, ma dell’intera pellicola, ovvero il pre-finale: ottima Emma Stone, la resa di Phoenix un po’ impacciata (nel senso che non riesce a rendere realistico l’impedimento fisico e a far innescare la sospensione dell’incredulità che quei 30 kg...

 

[Poco dopo il primo omicidio il protagonista dirà al personaggio interpretatao da una molto brava Parker Posey, che, con Jamie Blackley, chiude il ristretto cast principale: “Il trucco è di non esaminare le cose troppo da vicino. Non discutere ogni argomento, ma seguire il proprio istinto. Cioè scegliere di agire, di fare, anziché stare ad osservare perdendosi in cliché convenzionali.” In originale inglese “istinto” è “gut”, ovvero “intestino, budella, pancia” - “The trick is not to examine things too closely. Not to debate every issue, but to go with your gut feeling. You know, and choosing action, to do, rather than to observe and get lost in conventional clichés.” -, e infatti mentre pronuncia quelle parole si tocca lo stomaco prominente.]

 

...di differenza in sovrappeso richiedono a gran forza) e la regìa di Allen, con - cosa più incredibile, avendo fotografato molti film di Jeunet e Fincher - Darius Khondji dietro (qui per l’ultima volta, dopo una collaborazione non ininterrotta iniziata una dozzina d’anni prima con «AnyThing Else») alla MdP, che per una volta potevano non sottostare alla «regola» del buona la prima, o quasi, per quella scena ascensoriale molto madmeniana.

«Irrational Man», o: della Pareidolia Morale.

* * * * (¼)

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