Regia di Woody Allen vedi scheda film
Non c'è il tre senza il quattro di Delitto (perfetto) e castigo secondo W.Allen...
Stavolta il buon Woody ci consegna, puntuale come sempre, un compito in cui butta dentro tutto ciò che ha letto e studiato nei ritagli di tempo tra una pellicola e l’altra. Immaginiamo la moglie Soon Yi che scartabella libri, prende appunti da consegnare al marito il quale, a sua volta, sviluppa una trama plausibile. E’ un compitino sfalsato da aggiustamenti drammaturgici, imbottito di citazioni e deja vu già apprezzati in opere precedenti. Il maledettismo di Abe Lucas è intriso degli esistenzialisti di Sartre, il Romanticismo affascinato dal suicidio, spruzzate di Heidegger e Kierkegaard e l’immancabile Dostoievskij. Autentiche ossessioni per il regista newyorchese, il punto non sono i temi, interessanti e più o meno condivisibili, quanto lo sviluppo farraginoso, forzato e poco riuscito.
Lucas ha un grande avvenire alle spalle fatto di testi, tesi, fallimenti e vita vissuta. Giunge nel college di Brailyn con una buona fama di prof che gronda fascino e carisma. Chi lo avvicina è per andarci a letto o per carpire il suo scibile. Fisicamente è sfatto e con una bella pancia di birra presumiamo, beve parecchio e non gli si drizza più. Non prova sentimenti autentici per le due donne, la collega di chimica Rita e la studentessa Jill, che se lo trastullano fisicamente e/o intellettualmente. Il suo essere down (sottotono) e in cerca della parola fine alla sua parabola esistenziale (rappresentati da pensieri suicidi, giocare con la roulette russa, storie di whisky di puro malto andati) trova una svolta nei discorsi origliati in una tavola calda in cui una donna teme la sentenza di affidamento dei figli da parte di un giudice ottuso e ingiusto. Il nome di costui è Thomas Spengler, la missione di Abe sarà rendere giustizia all’umanità con uno stronzo in meno. Architetta un piano per eliminarlo, usando gli elementi che ha a disposizione: il laboratorio chimico di Rita, il cianuro rapido ed efficace e alcuni accorgimenti in modo che risulti un delitto perfetto. Gli sviluppi gialli che si susseguono sono poco coinvolgenti, se non fiacchi. Affidati alle note reiterate e trascinanti di “The “in” crowd” del Ramsey Lewis Trio. L’intelligenza e l’intuito femminile saranno degli ostacoli per l’improvvisato giustiziere. Il quale è fermamente convinto che la rinascita passa grazie a questo gesto, ben più efficace di fare volontariato etc. Alcuni passaggi, come quello nel laboratorio e dintorni, sono cinematograficamente fragili, sembrano piuttosto usciti da AMERICAN PIE. Si arriva al finale affaticati come Lucas, non ansiosi e risoluti alla Jill. Come concludere la storia? Come uscirne? Perché non partire subito per l’Europa? Perché bisogna arrivare al caso, alla insignificante e piccola torcia scelta come premio in un luna park per ribaltare le cose. Delitto e castigo sono serviti. Finale che sfiora il ridicolo. Peccato.
Emma Stone è deliziosa, Joaquin Phoenix a mezzo servizio: solo una volta ricorda lo spiritato Commodo (de IL GLADIATORE), perlopiù appare abborracciato, insicuro e con una borraccia davanti. A mio avviso, colpa del copione e della direzione imprecisa (quale strada stilistica prendere?) di Allen. Sì, provaci ancora Woody.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta