Regia di Woody Allen vedi scheda film
Rieccolo Woody Allen. Ci spiattella un altro simil Match point, piaciuto tanto, tra l'altro, a tutti quelli che pretendono da un thriller la stessa rigorosità di una commedia brillante.
Un Phoenix dalla panza ipnotizzante, Professore di Filosofia Spicciola (si, quella degli aforismi di Facebook..) depresso e stanco della vita, ingarbuglia caso e casualità, romanticismo e disperazione, uscendo dalla fase noir della sua vita grazie a una botta da Giustiziere della notte.
Il problema base è questo: Woody abbandona sempre più spesso la sua matrice naturale per giocare al thrillerista casareccio.
Non una sola volta riusciamo a sorridere in questa pellicola. Sorridere dei drammi, delle nevrosi, dei tic, degli stop della vita.
Una delle magie di Allen era proprio questa: la sdrammatizzazione della tragedia.
Gli è rimasta l'esaltazione del tormento, del disagio, dell'inadeguatezza.
Ma anche della profonda inadeguatezza, a supportare un meccanismo thriller che renda il film accettabile. Almeno da quel punto di vista.
Se c'è una cosa che fa sorridere, in questi Allen new style, è la pressapochezza che tracima copiosa. Ma è sorriso amaro, del quale avremmo fatto volentieri a meno.
Il resto è fuffa chiacchiericcia, dal fumo pseudo filosofico (“c'è differenza tra il mondo teorico e la vita vera” ma dai!?.. ) al telefilmetto ricco di personaggini piatti e scontati come un panettone postnatalizio.
L'Allen di vent'anni fa avrebbe terminato la pellicola lasciandoci piacevolmente sconvolti... niente di tutto questo.
Ci adeguiamo pedissequamente al delitto e castigo dostoevskijano senza neanche una traccia del mitico Super Allen del quale siamo, in cuor nostro, ancora follemente innamorati.
E continueremo anche in futuro, solo in nome del suddetto immenso amore, a correre al cinema in attesa di antiche, luminose scintille.
Ma i delitti perfetti, per favore.. lasciateli a Hitchcock.
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