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Irrational Man

Regia di Woody Allen vedi scheda film

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M Valdemar

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Irrational Man

di M Valdemar
4 stelle

 

locandina

Irrational Man (2015): locandina



La banalità del male(detto Woody Allen).
Irrazionalmente attaccato alle glorie e ai tempi che furono, razionalmente ancora capace di costruire materiale con cui attrarre le masse.
Dalla (auto)psicoanalisi al profluvio di secrezioni filosofiche, l'assunto è sempre il (racconto del) sé; per mezzo di quella che uno dei personaggi definisce, ghignante, «masturbazione verbale».
E così, anche quando le cose si fanno serie (non una briciola del tipico, stantio, repertorio umoristico alleniano), l'impero del Verbo(so) domina incontrastato, tra voci narranti che narrano-spiegano-giustificano-ammettono la qualunque e dialoghi incontenibili che d'incontenibile possiedono, anzitutto, le abilità urticanti. Magari mentre pure ci ammonisce, divertito (lui), che «esiste una differenza tra il mondo teorico di stronzate filosofiche e la vita vera».
Nella 'vita vera', evidentemente, il buon vecchio Woody sente (ancora) il bisogno di far consigliare al suo alter ego Joaquin Phoenix: «ti serve una musa». Bella scusa. Qualcosa di mai visto: il famigerato maturo professore dalla personalità borderline - ubriacone, disilluso, impotente, autodistruttivo (ma maldestra la scenetta della roulette russa), «malato di disperazione» (questa la diagnosi, oibò), eppure dannatamente romantico - e la giovine, dotata allieva che s'innamora di lui.
A conti fatti, mentre il Nostro dispiega il suo suadente sudario nozionistico (tanto esteso quanto pretestuoso e "randomico": si discetta di esistenzialisti, Kierkegaard, Kant, Dostoevskij, Heidegger, Zabriskie Point, 'casualità e caso'), a suggestionare sono, unicamente, le gambe di Emma Stone e la panza (intellettual-chic) di Phoenix.
Ma un quadretto - la liaison che mai avresti immaginato -, per quanto impreziosito delle virtuose pennellate logorroiche, rimane sempre un quadretto: bidimensionali i protagonisti, accidentale e stravisto lo sfondo, priva di sostanziale profondità la storia, irrilevanti gli anonimi comprimari.
Da cui, la necessità della "svolta". In direzione crime (Crimini e misfatti? una galassia lontana lontana). E sempre in odor di pretesto (sebbene opportunamente camuffato nell'ottica di 'casualità e caso'), di riempitivo, di collage: l'insofferente professore che trae nuova linfa vitale (tornandogli tutti gli appetiti) nel progettare, e successivamente realizzare, una azione delittuosa "moralmente giustificabile".
Insomma, a dirla tutta, Irrational Man pare esistere soltanto dall'unione forzata e posticcia delle due trame, peraltro scontate: l'una cede il passo all'altra senza le necessarie sfumature e strutture, avendo come costante il corpo di Joaquin Phoenix (pur sempre godibile ma sprecato) e l'appiglio filosofico; e null'altro. Vive così più nel (reiteratamente) detto, in prevedibili dinamiche, che non nelle atmosfere e in una vera continuità narrativo-tematica la sbandierata «estetica di commettere il delitto perfetto».
Il castigo arriva, puntuale (dopo aver un po' illuso su migliori sorti, magari in senso veramente cattivo): ed è la celebrazione della banalità della morale.



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