Regia di Woody Allen vedi scheda film
Il titolo evoca una frase di G.B. Shaw: «L’uomo razionale adatta se stesso al mondo, quello irrazionale insiste nel cercare di adattare il mondo a se stesso. Così il progresso dipende dagli uomini irrazionali». Dove a farsi carico di tale paradosso è Abe, docente di filosofia afflitto da nichilismo, bottiglia e un principio di impotenza, che origlia per puro caso una conversazione in una tavola calda e scopre che un certo giudice, in malafede, è in procinto di prendere una decisione perniciosa e ingiusta. Così mette sui piatti della bilancia il male circoscritto e il bene superiore, e agisce di conseguenza. Ulteriore variazione alleniana sul tema di Delitto e castigo, Irrational Man mette protagonisti e spettatore di fronte a un poco originale rovello morale, confortando lo stilizzatissimo copione (che Joaquin Phoenix ed Emma Stone, corpi intercambiabili nelle mani del burattinaio Allen, subiscono, più che animare, con chimica pressoché nulla) solo col peculiare contesto in cui il protagonista si muove: un campus universitario, dove lui è incaricato di formare menti, di crescere futuri uomini e donne razionali. Di squarciare l’ombra con la luce del sapere: la metafora non è casuale, in un film cupissimo eppure solare, che si sposta senza fatica dalla farsa al thriller, come una canzonatura smagliante di Match Point. In cui tutti si struggono per dilemmi che Allen è il primo a deridere, con supremo - e quasi annoiato - pessimismo.
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