Regia di Alejandro González Iñárritu vedi scheda film
L’esperienza estetica della visione comincia a diventare un cliché abbastanza stucchevole nell’opera di Alejandro González Iñárritu, giunto con Birdman ad una maturità, una compattezza, una brillantezza negate da Revenant, talmente ben realizzato nella confezione da non poter non suscitare sospetti. C’è un equivoco in un film di questo tipo: se la riconquista antiretorica dei grandi spazi, una costante del cinema revisionista di tutte le epoche, permette di descrivere il paesaggio con una rinnovata consapevolezza, il revenge movie è un mondo che ha bisogno di una narrazione serrata e possibilmente coinvolgente. Qui niente coinvolge: né la visione immolata alla dittatura del grandangolo, volto a lanciare lo sguardo nella profondità dei boschi o nell’estensione delle distese innevate, né il calvario del protagonista, talmente incanalato nei canoni del genere da non suscitare l’empatia o il reale interesse dello spettatore, né la compenetrazione dell’immortale sopravvissuto con lo spazio ostile né tantomeno le discutibilissime fughe oniriche.
Non a caso il film riesce a trovare una quadra soltanto nell’ultima mezz’ora, quando la narrazione pura della vendetta (il duello tra DiCaprio e Hardy: e comunque alla fine vince ai punti lo spietato Hardy rispetto al cristologico DiCaprio) prevarica sull’autocompiacimento del regista e, naturalmente, del suo direttore della fotografia, l’ampiamente e giustamente celebrato Emmanuel Lubezki, impegnati nelle due ore precedenti ad ostentare la propria abilità (magistrale Lubezski, accademica Iñárritu) in un’antologia di piani sequenza griffati. Il vero tema di Revenant non è la lotta per la sopravvivenza dell’higlander: è il vuoto, minaccioso nelle intenzioni degli autori (ed è una questione di involucro), esasperante nella ricezione dello spettatore (ed è una questione di contenuti). Non dovrebbe interessare la mitologia attorno alle riprese del film, alle difficoltà climatiche e tutto il resto, come se si dovesse mostrare indulgenza preventiva al cospetto di una grandissima paraculata.
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