Regia di Alejandro González Iñárritu vedi scheda film
E in sala non volò una mosca. Effetto Revenant parte prima: posti pieni con spettatori assorti, silenti e totalmente catturati dalle vicende dei trapper nella frontiera selvaggia del Nord America. E il pubblico si strinse e cercò idealmente una coperta. Effetto Revenant parte seconda: d'accordo, fuori c'erano realmente meno due gradi, dentro però con tutte quelle immagini di sofferenza nel gelo più assoluto si rischiava - conseguenza psicologica - di battere i denti sul serio. Due ore e mezza di pellicola avvincente e apparentemente semplice. Un uomo e la sua vendetta come tante volte nel genere western o azione. Fin qui nulla di nuovo se nonché scelte e mezzi tecnici di Inárritu buttano letteralmente il cuore oltre l'ostacolo e ci regalano un banchetto prelibato (e crudo, spietato) per gli occhi, avidi di grande cinema. La scena con l'orso è di altissimo livello (sono passati 45 anni da Uomo Bianco Va' Col Tuo Dio, stessa identica materia...) e realmente tiene incollati alla poltrona facendo stringere le dita ai braccioli, sbiancando le nocche. Davvero si toccano le corde dell'istinto di sopravvivenza. La ferocia e la pura violenza sono da tragica forza primigenia: il cacciatore, la preda. La battaglia iniziale anch'essa dà grande prova di capacità registica. Riprese bellissime dall'inizio alla fine con grande sfoggio e varietà di lenti, obiettivi, formati, montaggio. Tutto l'impianto scenico del film è atto a sfruttare e mettere in risalto gli spazi aperti e la natura selvaggia da un lato, il singolo uomo dall'altro. Gli effetti visivi e speciali nel riprodurre gli animali sono eccellenti, idem il trucco. Intelligente, ben studiato, rispettoso, verosimile, stilisticamente personale (luce naturale voluta, piano sequenza abilmente costruiti), persino ardito (dai primissimi piani ai campi lunghi, girando a ridosso degli interpreti o spostandosi al loro fianco a lanciarne lo sguardo nel panorama sperduto). Particolarmente realistico, coerente, perfettamente innestato sulla poetica della wilderness. Le sequenze oniriche e mistiche donano profondità ai fatti e arrotondano i caratteri dei protagonisti richiamando Malick. I nativi riportano alla mente il Corvo Rosso di Redford, i Mohicani di Mann, i pellerossa di BallaCoiLupi. Di Caprio al top, poche parole, molto mestiere ed esperienza, Hardy su alti binari da villain fisico e brutale. Grande professionalità d'insieme (anche nella colonna sonora, interessante soprattutto sul fronte percussivo). Un paio di deja-vu evitabili: la caduta sull'albero alla Rambo e la notte nella pancia del cavallo alla L'Impero Colpisce Ancora. Qualche pecca di originalità d'insieme ...e magari una sforbiciatina minima in termini di durata. Comunque, amici, val bene il biglietto. E arriveranno Oscar.
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