Regia di Alejandro González Iñárritu vedi scheda film
North Dakota, 1823: una spedizione di cacciatori di pellicce, comandata dal capitano Henry (Domnhall Gleeson) e guidata dal trapper Hugh Glass (Leonardo Di Caprio), in sosta lungo il corso del Missouri, viene attaccata dai nativi Arikara (detti anche Ree) e quasi sterminata grazie alla loro abilità nel lanciare frecce da molto lontano, all'aver colto di sorpresa il gruppo e al fatto che all'epoca i fucili a ripetizione non c'erano ancora e quindi l'operazione di ricarica delle armi richiedeva una notevole perdita di tempo. I superstiti riescono a salire sulla barca attraccata ma ben presto decidono di abbandonarla proseguendo a piedi per la foresta, dove Hugh Glass, durante una perlustrazione, subisce l'attacco di un grizzly da cui riesce ad avere la meglio ma che lo lascia in condizioni disperate, con ampie ferite in diverse parti del corpo; il capo della spedizione, ormai ridotta a una decina di unità, decide di affidare, dietro ricompensa, lo sfortunato Glass al figlio mezzosangue Hawk (Forrest Goodluck), al giovane Bridger (Will Poulter) e al cacciatore esperto ma senza scrupoli Fitzgerald (Tom Hardy), che dopo aver ingannato Bridger, uccide il figlio di Glass e abbandona il ferito in una buca, con la certezza che gli resta poco da vivere. Da qui inizia una vera e propria odissea...
Inarritu, solo un anno dopo il pluripremiato 'Birdman', torna con 'Revenant' a dirigere un film - traendo il soggetto dal romanzo di Michael Punke 'The Revenant: A Novel of Revenge', da lui co-sceneggiato in coppia con Mark L. Smith - i cui temi portanti sono la sopravvivenza, la morte, la (ri)nascita e la vendetta, ambientato in un territorio sterminato e bellissimo ma al contempo ostico ed inospitale, in un periodo storico - la prima metà del XIX secolo - in cui la corsa verso la cosiddetta 'frontiera', il genocidio degli indiani d'America nella parte settentrionale del continente, provocato dagli insediamenti sempre più frequenti e massicci di coloni di razza bianca che dall'Est migravano verso Ovest, erano ancora agli albori ma già davano il loro contributo in termini di violenza e devastazione di un territorio che stava irrimediabilmente per perdere la sua innocenza.
Nel suo documentario 'The Story of Film', Mark Cousins definiva la regia, senza molti giri di parole, ''l'arte di farci sentire come se fossimo lì'' e questo principio viene messo in atto da Inarritu quasi alla lettera, con un uso soffocante ed asfissiante della macchina da presa, mettendola letteralmente 'addosso' agli attori in campo, rendendo così lo spettatore diretto partecipe degli eventi che accadono nell'arco narrativo, oltretutto evidenziando volutamente la cosa in più circostanze: nell'attacco iniziale degli indiani - una superba pagina di cinema, con articolati e fluidi piani-sequenza e vertiginose riprese dal basso - l'obiettivo viene bagnato da più gocce d'acqua; il fiato che esce dalla bocca dell'esausto Glass appanna la mdp; nell'epico e cruento duello finale tra Glass e Fitzgerald, dai contorni 'cronenberghiani' dovuti alle molteplici ferite inferte ai già provati corpi dei due contendenti, con schizzi di sangue che si depositano sulla cinepresa.
'Revenant' racconta una civiltà, quella nascente americana, scossa da grandi trasformazioni e sorta, come aveva raccontato Scorsese in 'Gangs of New York', sulla quantità copiosa di sangue, di cui osserviamo tracce tangibili sulla candida neve, versato da tutte le parti in lizza per spartirsi l'immenso e ricco territorio: nel film vediamo più gruppi coinvolti, con i coloni americani intenti a industrializzare il commercio di pelli e pellicce, gli avamposti dell'Esercito a fare da braccio armato, i nativi appartenenti a nazioni diverse, qui gli Arikara e i Pawnee, a tentare di sopravvivere all'ondata migratoria ma, al contempo, a perdersi in lotte fratricide che finiscono per indebolirli e sparute presenze straniere - dei francesi - che provano ad approfittare dell'instabilità della situazione. Anche gli animali cercano, a modo loro, di 'difendere il proprio territorio' e sopravvivere, come nella terribile scena dell'attacco dell'orso a Glass, perpetrato per proteggere i propri cuccioli e in quella emblematica, del branco di lupi che sbranano un bisonte per sfamarsi.
Il cinema di Inarritu, dal punto di vista stilistico, pur non 'centrandoli' tutti, mira a bersagli alti: per il suo carattere immersivo nei confronti della natura, sottolineato dalla straordinaria fotografia, illuminata unicamente da luce naturale, del mago Emmanuel 'Chivo' Lubezki, palesi sono i richiami al cinema di Terrence Malick, ma mentre il riservato e parco autore de 'La rabbia giovane' cercava il senso del sublime e la capacità di creare un legame quasi mistico tra i suoi personaggi e l'ambiente che li circonda, il regista messicano mostra la Wilderness così com'è, qualcosa di stupendo da vedere ma anche un 'nemico' per chi la attraversa, che nasconde dietro ogni roccia, dietro ogni montagna, in un corso d'acqua, un pericolo dopo l'altro.
'The Revenant' è un film denso, ma non certamente privo di difetti, riscontrabili in alcune pretenziosità e forzature già viste in altri film del cineasta messicano: i flashback, sulla vita e i fatti successi a Glass nella parte antecedente il narrato, con la morte della moglie indiana, finiscono per essere superflui, mentre gli inserti onirici, sempre con protagonista la vita passata del trapper con la donna e in particolare quello con la simbologia religiosa, peccano di ridondanza, finendo entrambe queste componenti per togliere all'opera parte della sua forza e compattezza.
Non si può non spendere qualche parola per i due antagonisti: a un Leonardo Di Caprio, nei panni di Hugh Glass dai contorni 'cristologici', che aggiunge un ulteriore tassello alla sua vasta gamma interpretativa, con una performance viscerale, più fisica che mai, in cui l'attore ha messo tutto se stesso a disposizione del regista, in un film in cui sono il suo volto, il suo corpo martoriato dall'autentica via crucis che sopporta e la vitalità dei suoi occhi ad essere più concreti di mille parole, si somma l'antitetica prova di un 'diabolico' Tom Hardy che, sulla scia di cattivi delineati in passato, si va dal Michael Peterson di 'Bronson' al Bane di 'Il cavaliere oscuro - Il ritorno', costruisce l'avventuriero Fitzgerald, cacciatore segnato nel corpo dalle cicatrici infertegli sul cranio dai Comanche e nell'animo da un feroce pragmatismo con il quale antepone qualunque cosa, vite umane incluse, alla ricerca del profitto e del tornaconto personale.
'Revenant', pur nelle sue imperfezioni, è un potente survival-revenge western, da vedere e poi comparare, vista l'uscita a breve, con 'The Hateful Eight' di Quentin Tarantino, anch'esso appartenente allo stesso genere, seppur ambientato più in là negli anni - alla fine della Guerra Civile - ma che parla di temi simili, trattati però con soluzioni e scelte stilistiche molto distanti tra loro.
Voto: 8.
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