Regia di Christopher McQuarrie vedi scheda film
Come (quasi) sempre, Ethan Hunt è rinnegato dai suoi stessi capi, inseguito (senza successo) per il mondo, impegnato a smantellare in solitaria (con il saltuario aiuto di un paio di amici) un’organizzazione terroristica capillare (in questo caso: un Sindacato di agenti segreti ribelli). La trama non conta mai davvero, in Mission: Impossible, purché sia funzionale alla successione di sequenze spettacolari, modellate sul fisico inarrestabile di Tom Cruise da cineasti differenti. Il meno noto tra loro, Christopher McQuarrie (premio Oscar per lo script di I soliti sospetti, aveva già preso le misure a Cruise in Jack Reacher) ne confeziona qui di memorabili, tra le migliori della saga: s’incatena sopra il palco dell’Opera di Vienna, tra il tiro incrociato di tre cecchini e la più famosa tra le arie di Puccini; si scapicolla in moto e in soggettive mozzafiato tra vertiginosi tornanti marocchini; si getta in un buco nero d’acqua per un insensato hackeraggio subacqueo; si staglia in chiaroscuro tra le nebbie di Londra nella resa dei conti finale. Prendendo il meglio di chi l’ha preceduto, mentre maneggia con competenza la materia del franchise (autoironia compresa). E se il Sindacato è un MacGuffin tradizionale, la sceneggiatura va a segno soprattutto grazie al personaggio di Ilsa Faust, doppio femminile di Ethan: Rogue Nation corre lungo il loro incontro/scontro, tanto appassionante da poter fare a meno perfino dei baci.
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