Regia di Stéphane Brizé vedi scheda film
E' difficile non vedere in questo buon film di Brize' una sorta di anteprima del Daniel Blake di Ken Loach dell'anno successivo. Tuttavia, pur nella stessa lucida descrizione del disagio economico e sociale di un uomo senza lavoro e senza punti di riferimento che non siano la moglie ed il figlio disabile, spaesato davanti alla perdita di quelle certezze radicate nella propria esistenza, Braizè si concentra di più sul protagonista che sui comprimari come nel film del grande regista inglese, avvalendosi in questo di un posato ed efficace Vincent Lindon (giustamente premiato a Cannes come miglior attore). E quando finalmente il lavoro, ed un'apparente normalità, ritorneranno nella sua vita scoprirà suo malgrado che in realtà è solo parte di un ingranaggio pronto a stritolare chi,in difficoltà come e più di lui, sarà passato dalla parte del torto davanti all'azienda (molto bella e indicativa, a tal proposito, la scena del capo delle Risorse Umane che invita i dipendenti del supermercato a "superare" la morte per suicidio di una cassiera che era stata sorpresa e licenziata per un piccolo furto). Lucido, cupo, quasi documentarisico (e questo forse è anche il difetto maggiore di un film che quasi sceglie volutamente di "volare basso"), un film di apparente semplicità ma comunque efficace nel raccontare il disagio sociale di chi cerca in ogni modo di rimanere a galla.
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