Regia di Matt Ross vedi scheda film
A me ben poco interessa se i detrattori lo etichetteranno con disprezzo "film da Sundance". Che poi, anche qui ci sarebbe da discutere. Per dire: ammesso che esista la suddetta categoria a me questa non dispiace affatto. Queste famiglie disfunzionali, questi adolescenti problematici, queste canzoni indie folk-pop che accompagnano drammi minimal-sentimentali, per alcuni tutto questo rappresenta un carico di clichè, mentre per me questi film hanno la funzione (importante) di raccontarci un'America "altra", rispetto ovviamente a quella rancorosa e xenofoba di quel pagliaccio del neo presidente ma fors'anche ormai fuori da ottiche obamiane. E sia lode dunque(sempre) all'ottimo Robert Redford). E dunque questo film (che ha tutti i titolii per rientrare in pieno nella categoria) già lo percepivo carico di buone promesse e premesse. Ora, dopo averlo visto da poche ore, posso affermare di essermene perdutamente innamorato. E difficilmente sarò in grado di spiegare questo mio stato di incondizionato entusiasmo, perchè non è facile raccontare gli " spostamenti progressivi del cuore" (è una citazione di non so chi o che cosa). Fatto sta che l'opera mi ha "steso", seducendomi senza scampo. E si entra in questo clima che ti conquista sin dalla prima inquadratura (una specie di guerriero che caccia animali selvaggi per cibarsene). E il pubblico fa subito conoscenza con la famiglia del protagonista, una sorta di comune hippie guidata da un padre-padrone che ha educato quei suoi sei figli secondo criteri rigidissimi che ora qui non è facile raccontare. Dciamo che si tratta di un percorso di apprendimento legato essenzialmente alla Natura (ecco il perchè di cacciare animali e mangiarli) poi c'è una devozione verso il noto guru economista-intellettuale Noam Chomski accompagnata a un sano disprezzo verso le dinamiche conclamate del consorzio umano occidentale, tipo gli odiatissimi fast food. Poi aggiungiamo certe pratiche che ricordano i vecchi espropri proletari di (nostra) settantasettina mermoria. Poi ancora la pratica della cura del corpo attraverso frequenti esercizi sportivi, poi il culto per coltelli e "armi bianche" in genere. Insomma una cultura che unisce naturismo ad un approccio hippie anticapitalista. Però qui entra in ballo la critica intelligente che Matt Ross (ottimo sia come regista che come autore-sceneggiatore) insinua nello spettatore. Vale a dire se tutto quel fondamentalismo radicale che anima il protagonista sia poi così inattaccabile. In realtà lo spettatore viene lasciato libero di trarre le proprie conclusioni, perchè (niente spoiler, traquilli) la fine del film consiste in una generale riappacificazione tra padre e figli (che nel frattempo si erano ribellati a quel padre invadente e "padrone") ma siamo lontani da un classico lieto fine perchè quel padre ha imparato dai figli una lezione: che i fondamentalismi non sono mai giusti, specie se limitano la libertà altrui o quando sono troppo "totalizzanti". In questa mia. (succinta al massimo) narrazione ho colpevolmente lasciato fuori colei che è la "grande assente" ma in realtà sempre aleggiante, la moglie del protagonista suicidatasi in circostanze drammatiche e il cui vuoto disperante condiziona ogni pensiero e ogni gesto sia del padre che dei figli. In definitiva, una intelligente critica ai valori conclamati (dalle consuetudini borghesi ad una educazione formale) dello stile di vita occidentale ma anche una serie di dubbi avanzati sul rifiuto sistematico e fanaticamente ideologicizzato del "sistema" in blocco.Il tutto narrato -come si diceva all'inizio- in chiave deliziosamente "Sundance", con tanto di musiche idonee alle immagini e alle situazioni. Il cast. Prima di tutto i sei ragazzini uno piu' bravo dell'altro ma che qui sarebbe conmplicato nominare uno ad uno. Poi un'attrice americana che io adoro (qui in una particina drammatica ma solitamente alle prese con ruoli comici): la formidabile Kathryn Ahahn. E non si può dimenticare la presenza (quasi un super special guest) del fantastico Frank Langella, attore che definirei monumentale (lo seguo dai lontanissini tempi di un suo memorabile "Dracula"). E poi colui che esce dal film come un gigante, Viggo Mortensen, in un ruolo meraviglioso da Oscar. Certe sue espressioni assorte, mentre pensa alla moglie che tanto amò in vita, sono struggenti. E' un personaggio difficile, il suo. Che mi ha commosso. Non perdetevi questo film.
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