Regia di Robert Wise vedi scheda film
E’ con questo film che il genere fantascientifico esce definitivamente dal ghetto della serie B dove spesso era confinato, per approdare a un cinema” di qualità superiore, perché qui, in questa certamente semplicistica ma intelligente avventura, gli effetti sono - per l’epoca - davvero strabilianti (impressionanti le apparizioni del robot).
In questo caso parlo ovviamente dell’originale, la “mitica” pellicola del 1951 firmata da Robert Wise, diventata da subito – e con pieno merito – oggetto di culto, non certo dell’inutile (sì, decisamente più “superfluo” che brutto) rifacimento aggiornato alle tematiche dei nostri giorni (lo tratterò a parte ovviamente) che merita davvero molto meno interesse e attenzione del capostipite. Quando fu distribuito in sala qui in Italia “ The day the Earth Stood Still” (questo è il titolo originale) io ero ancora troppo piccolo, e quindi l’ho potuto recuperare in seguito, grazie ai cineforum che, visto le tematiche trattate, lo riponevano spesso con particolare attenzione (e merito), inserendolo in multiformi rassegne non solo strettamente legate alla fantascienza. Mi ci sono imbattuto così tante volte, che moltissime delle sue scene sono rimaste proprio per questo motivo indelebilmente impresse nella mia memoria (anche se adesso c’è la possibilità di riacquisirle e “rinfrescarle” attraverso il Dvd disponibile nei negozi del settore). A una visione aggiornata, adesso potrebbe risultare persino “ingenua” questa pellicola, ma sarebbe davvero ingeneroso liquidarla così sommariamente, data la sua importanza e la “portata” del messaggio che veicola (a mio avviso infatti risultano molto più approssimativi e inaccettabili, quasi “pretestuosi”, il che è decisamente peggio dell’ingenuità, i pressappochismi e le semplificazioni anche strutturali del rifacimento). Dobbiamo infatti riportarci al “clima” e agli anni in cui è stata concepita la pellicola per valutarne appieno il senso e il valore (anche innovativo). Innanzitutto si ribaltavano molti degli stereotipi di quegli anni, perché in un periodo di “guerra fredda” portata alle estreme conseguenze, di norma gli “alieni”, i “marziani”, i “malvagi e pericolosi invasori” erano indiscutibilmente e prioritariamente identificabili dal cinema made in U.S.A. nella “minaccia comunista”… non solo fisica, ma anche esplicabile nelle “idee” del marxismo che potevano “insinuarsi” nelle menti e cambiarne la percezione e l’orientamento “uniformizzando”e automatizzando il “sentire” in senso – a loro dire - antidemocratico (non può essere letta in questa chiave finanche la singolare metafora de “L’invasione degli ultrarcorpi”, straordinaria sintesi proprio di questa concezione invasiva dei cervelli, solo di qualche anno successiva, a firma del grande Don Siegel?). Quindi proporre l’dea di un extraterrestre quasi angelicato, di molti gradi superiore all’umanità comunemente conosciuta, identificarlo in un “guardiano” che con la sua razza sovrastante vigila e interviene alla bisogna, è stato indubitabilmente un percorso insolito per lo meno per quanto concerne il cinema, anche se comunque si trattava di una concezione già presente nella letteratura di quel ”genere” particolare (a partire da “Le guide al tramonto”) e rappresenta uno scardinamento (o ribaltamento che dir si voglia) di moltissime regole che potremmo definire “codificate”. Senza dimenticare poi che qui si metteva il dito anche su un altro argomento di scottante attualità: la paura atomica che era strisciante e fortemente avvertita come minaccia persistente che la follia umana poteva attivare da un momento all’altro (Hiroshima con tutto quello che aveva rappresentato, era ancora vicina a ricordare l’incubo di una tragedia incombente, che i conflitti spesso esasperati fra Russia e America rendeva ancora ripetibile, persino universalizzandola nei risultati). Il film trae origine da un racconto di Harry Bates , “Farewell to the Master” e narra la storia di un disco volante che atterra a Washington (come sempre, è l’America la terra prescelta per queste azioni). Dal suo interno, ne esce un gigantesco robot e un “alieno” dalle fattezze umane (in questo caso Michael Rennie, il cui viso magro e scavato ben si prestava a renderlo “identico e diverso” al tempo stesso, da tutti gli altri uomini della terra). Per un errore (paura? pregiudizio? Impreparazione?) l’uomo – o presunto tale – viene ferito proprio mentre è nell’atto di porgere un regalo destinato al Presidente degli Stati Uniti per una interpretazione errata di quel gesto. A sparare è un militare della truppa che l’esercito aveva fatto schierare a difesa della propria integrità tutto interno al disco volante. Portato in ospedale Klaatu (questo è il nome dell’extraterrestre) comunica di avere un messaggio per il mondo intero, molto importante, ma non gli sarà consentito di incontrare i Capi di Stato ai quali quella “esortazione alla pace” era destinata. Fuggito dalla clinica per portare a termine la missione, Klaatu verrà inseguito e ucciso, il che scatenerà l’ira del robot, che probabilmente distruggerebbe la terra per questo ennesimo atto di violenza, se una donna, che aveva compreso le buone e pacifiche intenzioni dell’uomo, non lo fermasse in tempo. Celeberrima la frase con la quale la donna ferma l’automa distruttore. “klaatu barada nikto”. Gort, il robot, si fermerà come per miracolo a quella esortazione disperata, recupererà il corpo inanimato del suo compagno di viaggio e lo farà rivivere “resuscitandolo” giusto in tempo per permettergli di dare il suo messaggio ad un congresso di scienziati assiepati davanti al disco, che poi ripartirà verso le stelle con il suo carico di ritrovata speranza. “IO STO PER PARTIRE. MI PERDONERETE SE VI PARLO SENZA PREAMBOLI. L’UNIVERSO DIVENTA OGNI GIORNO PIU’ PICCOLO E IL PERICOLO DI AGGRESSIONE, DA PARTE DI CHIUNQUE E DOVUNQUE, NON PUO’ ESSERE TOLLERATO. E’ NECESSARIO CHE CI SIA SICUREZZA PER TUTTI GLI ESSERE VIVENTI. CIO’ NON VUOL DIRE RINUNCIARE A QUALCHE LIBERTA’ SE NON A QUELLA DI AGIRE DA IRRESPONSABILI. I NOSTRI ANTENATI HANNO PENSATO COSI’ QUANDO HANNO FATTO LE LEGGI PER AUTOGOVERNARSI, MA AMCHE UNA POLIZIA PER IMPORLE. ANCHE NOI CHE ABITIAMO IN ALTRI PIANETI ABBIAMO ACCETTATO QUESTO PRINCIPIO E ABBIAMO CREATO UN’ORGANIZZAZIONE PER LA MUTUA PROTEZIONE DI TUTTI I PIANETI E PER LA TOTALE ELIMINAZIONE DI OGNI AGGRESSIONE. LA FORZA DI QUESTA AUTORITA’ SUPERIORE E’ UNA POLIZIA CHE LA FACCIA RISPETTARE E A QUESTO SCOPO ABBIAMO FATTO UN ESERCITO DI AUTOMI. IL LORO COMPITO E’ PATTUGLIARE I PIANETI COME QUESTO E MANTENERE LA PACE. IN MATERIA DI AGGRESSIONI ABBIAMO LORO CONFERITA ASSOLUTA AUTORITA’ SU DI NOI, AUTORITA’ CHE NON PUO’ ESSERE REVOCATA. AL PRIMO SEGNO DI VIOLENZA AGISCONO AUTOMATICAMENTE CONTRO L’AGGRESSORE. GLI EFFETTI CHE LA LORO AZIONE PUO’ CAUSARE SCORAGGIANO OGNI INIZIATIVA. IL RISULTATO E’ CHE VIVIAMO IN PACE, SENZA ARMI NE’ ARMATI, TRANQUILLI PERCHE’ SAPPIAMO DI ESSERE LIBERI DAL PERICOLO DELLA GUERRA E LIBERI DI DEDICARCI AD ATTIVITA’ PIU’ PROFICUE. NON CI ILLUDIAMO DI AVER RAGGIUNTO LA PERFEZIONE, MA ABBIAMO CREATO UN SISTEMA CHE FUNZIONA. IO SONO VENUTO QUI PER DIRVI QUESTO: A NOI NON IMPORTA QUELLO CHE FATE SUL VOSTRO PIANETA, MA SE TENTASTE DI ESTENDERE LE VOSTRE VIOLENZE, QUESTA VOSTRA TERRA SAREBBE RIDOTTA AD UN MUCCHIO DI CENERE. POTETE SCEGLIERE: UNIRVI A NOI E VIVERE IN PACE O SEGUITARE SULLA STRADA IN CUI SIETE E VENIRE ANNULLATI. ASPETTIAMO UNA RISPOSTA. LA DECISIONE SPETTA A VOI.” Questo è il discorso conclusivo di Klaatu… questo è il messaggio di fiducia che trasmette e che per un poco anche praticamente sembrava potesse dare i suoi frutti, visti come stavano andando le cose… Ma poi possiamo adesso vederlo con certezza, qualcosa è andato storto e l’inversione è stata progressiva e inesorabile, tanto che allo stato attuale delle cose forse davvero adesso nessuno potrebbe oggettivamente fermare il robot e la sua forza distruttiva. Forse nella percezione generale solo il problema legato al percolo atomico si è un poco affievolito (ma rischia di ripresentarsi a breve immutato) sostituito da altri più tangibili terrori, ma l’andamento della nostra società, le nefandezze quotidiane di guerre sempre più terribili e striscianti che insanguinano il modo, rendono ancora più che attuale il monito… resta solo il rammarico che questa struttura “superparters” non esista davvero nella realtà, perché forse potrebbe essere l’unico deterrente per annullare la crudele stupidità dell’uomo o in alternativa, per disintegrarci davvero e per sempre, come meriteremmo che accadesse. Per tornare comunque al film senza ulteriori inutili divagazioni che riguardano la quotidianità delle nostre azioni, l’incontro casuale di Klaatu con la donna (una giovane vedova) e suo figlio dopo la fuga dalla clinica (non ci viene spiegato come avviene questa “evasione” ma oggettivamente nel contesto generale non è un elemento che assume caratteristiche di rilevante importanza questa omissione) è l’elemento determinante per la conclusione positiva della storia. Grazie a lei e con lei e al rapporto empatico che si crea fra i personaggi, riuscirà infatti a far incontrare l’alieno con uno degli scienziati più famosi, il professor Bernard (l’attore Sam Jaffe, truccato in modo da farlo assomigliare il più possibile – e non è certo una casualità – a Einstein) con il quale instaurerà un rapporto (e un confronto) molto importante e fondamentale sul progresso dell’intelligenza nell’aprire nuove frontiere (spostando così l’asse dal piano della politica a quello della scienza). Una curiosità importante (e a mio avviso fondamentale): la bellissima musica che fa da tappeto sonoro al film è di Bernard Herrman e non è assolutamente una coincidenza che proprio “quella musica”, “quella colonna sonora” venga ripresa e amplificata, ma senza poi molte sostanziali modificazioni, per “Fahrenheit 451” di François Truffaut. E’ azzardato allora dire che forse è proprio con questo film che il genere fantascientifico esce dal ghetto della serie B dove spesso era confinato, per approdare al “grande cinema” di qualità superiore, perché qui, in questa certamente “semplicistica” ma intelligente avventura, gli effetti sono - per l’epoca - davvero strabilianti (impressionanti le apparizioni del robot, i prodigi e le minacce). Ottima dunque la realizzazione tecnica e visiva degli effetti speciali (pochi “trucchi” e molta sobrietà ma risultato fortemente coinvolgente), e di buon livello (anche come tenuta) la costruzione drammatica degli eventi, tesa e appassionante. Bravi gli attori (a Michael Renne ho già accennato, come pure al magnifico professor Bernard di Jaffe). La vedova è poi un’intensa, dolente e volitiva Patricia Neal come sempre perfettamente in parte, che aggiunge spessore e carisma oltre e una fortissima dose di sensibilità empatica al suo fondamentale personaggio. Di analogo livello la sceneggiatura ad opera di Edmund H. North.
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