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Ultimatum alla Terra

Regia di Robert Wise vedi scheda film

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La recensione su Ultimatum alla Terra

di FABIO1971
8 stelle

"Viene da molto lontano, signor Carpenter?"
"Come fa a saperlo?"
"Eh, ho riconosciuto subito l'accento del New England..."

[L'affittacamere Frances Bavier a Michael Rennie, alieno sotto mentite spoglie...]

Il mondo è in fermento: radio e televisioni, infatti, annunciano l'arrivo sulla Terra (a Washington, per l'esattezza) di un disco volante. L'esercito e le autorità approntano immediatamente un "degno" comitato di accoglienza, schierando un imponente spiegamento di forze militari ("Tutti gli occhi, tutte le armi, sono puntate sull'aereo"). Klaatu (Michael Rennie), l'alieno arrivato sul suolo terrestre, viene in pace, "come amico", ma per i soldati non è sufficiente e, al primo movimento sospetto, lo aggrediscono senza esitazione: a soccorrerlo, sempre dal disco volante, arriva un gigantesco automa, Gort, che per rappresaglia disintegra i cannoni ed i carri armati dei soldati. La terrificante dimostrazione di potenza riporta militari ed alte sfere politiche a più miti consigli: la missione di Klaatu, giunto sulla Terra dopo un viaggio di 400 milioni di chilometri (sì, sono un po' troppo pochi, ma non importa...), consiste nel convocare i rappresentanti di tutti i popoli del pianeta per affidargli un messaggio di vitale importanza per la sopravvivenza della razza umana. Ma sono tempi duri, gli anni Cinquanta, pessimo momento per pretendere di parlare di pace: c'è la guerra fredda, il timore di un nuovo conflitto mondiale è alimentato dal possibile uso sconsiderato dell'energia atomica, i capi di Stato si preoccupano delle solite schermaglie dialettiche con cui affannano le loro esistenze (il premier sovietico che acconsente all'incontro soltanto se avverrà nella piazza Rossa di Mosca, il premier statunitense che, ovviamente, non ne vuol neanche sentir parlare), schiavi della forsennata lotta senza quartiere contro il nuovo nemico da combattere e distruggere, il comunismo. Resosi conto delle difficoltà logistiche della sua richiesta, Klaatu fugge dall'ospedale militare in cui era trattenuto e decide di mescolarsi tra la gente, scrutandone ed ascoltandone comportamenti, usi, costumi, vizi e miserie. Come mr. Carpenter si insedia in una stanza in affitto, dove conosce la bella Helen (Patricia Neal) e suo figlio Bobby (Billy Gray): proprio grazie a loro riesce ad entrare in contatto con l'illustre professor Barnhardt (Sam Jaffe), scienziato di fama internazionale, a cui risolve un complicatissimo problema di astrofisica e a cui rivela la propria identità avvertendolo dei rischi e pericoli di un uso sconsiderato dell'energia atomica. Il professore gli consiglia, per riuscire a farsi ascoltare da tutti, di compiere un gesto eclatante, "che sia drammatico ma non distruttivo", con cui ottenere finalmente l'attenzione dovuta. Klaatu toglie per mezz'ora, risparmiando soltanto ospedali ed aerei in volo, la corrente elettrica al mondo intero, mettendolo in ginocchio: non ha, però, fatto i conti con il cinismo e la grettezza dell'uomo e dei falsi miti che ne alimentano l'esistenza. La corsa al successo ad ogni costo, infatti, acceca le coscienze e la parvenza di gloria da cui si crede investito il meschino Tom (Hugh Marlowe), il fidanzato di Helen, che denuncia Carpenter alla polizia rivelandone la reale identità, si rivelerà effimera (e, a causa di questo gesto, si giocherà l'amore e il matrimonio con la sua bella). Ma Klaatu non si lascia sorprendere: ferito a morte, viene riportato in vita dalle cure miracolose della tecnologia aliena e, prima di ripartire verso lo spazio profondo, può finalmente affidare il suo monito al mondo intero: "A noi non importa quello che fate nel vostro pianeta, ma, se pensate di estendere le vostre violenze, questa vostra Terra verrebbe ridotta ad un mucchio di cenere. Potete scegliere: unirvi a noi e vivere in pace o seguitare sulla strada in cui siete e venire annullati. Attenderemo una risposta, la decisione spetta a voi". Gioiello scintillante della science fiction classica degli anni Cinquanta, Ultimatum alla Terra esplora le pulsioni più deleterie dell'isteria collettiva di una società travolta da fobie e pregiudizi ed immersa fino al collo nelle angosce della guerra fredda: la paura dell'alieno non coincide soltanto con la paura dei comunisti, ma diviene anche la causa principale dell'inquietudine umana, sancendone, finchè non completamente debellata, la precarietà esistenziale (almeno finchè lo spettro del comunismo non verrà spazzato via...). E invece ecco arrivare questo extraterrestre "buono" a spazzar via in un solo colpo la dicotomia "alieni cattivi=comunisti", ponendo spietatamente l'uomo di fronte alle meschinità della propria stupidità e trasformando l'apologo pacifista in un accorato grido d'allarme. Scritto da Edmund H. North (tra i suoi script Gli amanti della città sepolta di Walsh) sulla base del racconto Farewell to the Master (1940) di Harry Bates (che comunque si dichiarerà insoddisfatto dell'adattamento), Ultimatum alla Terra, affidato alla regia impeccabile di un Robert Wise in forma smagliante (si osservi, ad esempio, la splendida sequenza, contrappuntata soltanto dal sinistro commento musicale della colonna sonora, del pedinamento notturno del piccolo Bobby, che esce di casa e segue l'alieno fino al suo disco volante, magistrale compendio di pathos e tensione), si rivela opera fondamentale nello sviscerare le iniquità paradossali dell'epoca (un mondo che aveva da poco sperimentato la selvaggia furia distruttiva della bomba atomica e che ancora non ne aveva avuto abbastanza), giocando tra allegoria religiosa (il messia che giunge sulla Terra per salvarla, muore e risorge...) e caccia alle streghe (il maccartismo aveva iniziato, infatti, a mietere le sue prime vittime: lo stesso "blacklisted" Sam Jaffe, che qui interpreta il professor Barnhardt, riuscirà a concludere le riprese del film soltanto grazie all'intervento di Wise e del produttore Julian Blaustein, che riusciranno a convincere Zanuck e i vertici della Fox a non licenziarlo), che la cura formale della messinscena contribuisce ad evocare con straordinaria resa spettacolare, a partire dagli spettrali ed inquietanti chiaroscuri della suggestiva fotografia di Leo Tover (La fossa dei serpenti di Litvak e L'ereditiera di Wyler tra i suoi risultati più compiuti) fino (e soprattutto) alla magnifica colonna sonora di Bernard Herrmann, tra i suoi capolavori assoluti e tra le prime partiture a sperimentare una strumentazione elettronica, già dallo strepitoso tema che accompagna i titoli di testa.

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