Regia di Judd Apatow vedi scheda film
Introdotto dalla scurrile, eccessivamente schietta voce narrante di Amy - trent’anni, redattrice in un magazine gonfio di vuoto pneumatico, cresciuta dal babbo col mantra «la monogamia non esiste», fiera collezionista di avventure di una notte - il quinto lungometraggio di Judd Apatow si presenta come un invito al ballo, da parte del navigato regista/produttore/scopritore di talenti, per la giovane, lanciatissima comica. Già avvezzo alla frenesia ipocrita di New York e al lato antiromantico del sesso debole, grazie alle Girls da lui prodotte in tv, Apatow si fa complice in totale sintonia del progetto Schumer, soprattutto nel soffermare, con autoironia e tempi comici impeccabili, la sua macchina da presa sui tanti comprimari maschili. Tutti, o quasi, magnifici idioti ritratti con glorioso scherno: da uno strepitoso John Cena, che si offre nudo, in tutti i sensi, al divo del basket LeBron James, che interpreta se stesso nei gag migliori del film. Per la prima volta al servizio di uno script altrui, Apatow pare credere nell’arco di trasformazione di Amy - da eterna Peter Pan alcolica a donna consapevole che la monogamia, ebbene sì, esiste - molto più di quanto non ci creda Schumer stessa. E se il personaggio minore dell’anaffettiva boss Tilda Swinton può sembrare macchietta, finisce per risuonare più sincero della posticcia conversione ai valori familiari con cui Apatow e Schumer confezionano il finale.
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