Regia di Luigi Comencini vedi scheda film
Fino alla seconda guerra mondiale c'era l'usanza di mandare al macero le pellicole già proiettate, dopo qualche mese dalla loro uscita, poichè non avevano più alcun utilizzo concreto. In tal modo si potevano recuperare anche la celluloide e i sali necessari per impressionarla, tutto materiale destinato al riciclo. Ma nel 1935 l'istituzione della Cineteca italiana, a Milano, cominciò a cambiare le cose.
Uno dei primi lavori per Luigi Comencini, che aveva già esordito l'anno precedente (1948) nel lungometraggio con Proibito rubare, ma che, come era uso in quegli anni, continuava comunque a girare anche cortometraggi. Poco più di dieci minuti dura questo Il museo dei sogni, dedicato alla Cineteca italiana, sorta in maniera pressochè clandestina nel 1935, a Milano, e destinata a sconvolgere una deleteria abitudine del cinematografo nostrano fino ad allora data per scontata: la distruzione delle pellicole già proiettate - di qualsiasi genere, durata, rilevanza artistica - dopo qualche mese dalla loro uscita, quando diventavano a tutti gli effetti inservibili e potevano quantomeno garantire della materia prima (celluloide e sali) riciclata. A pensarci oggi questo breve film parla di cose inconcepibili, eppure nel 1949 non esisteva neppure la televisione, che sarebbe divenuto un altro elemento fondamentale nel processo di salvaguardia - e persino di restauro - delle vecchie pellicole; il lavoro di Comencini è cronachistico, con una voce off (Piero Gallinari) che commenta le immagini: la prima parte è dedicata al processo di smaltimento e riciclo delle pellicole vecchie, mentre la seconda entra più nel dettaglio sull'argomento della Cineteca italiana. 6/10.
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