Regia di Grigori Aronov, Aleksej German vedi scheda film
E' un'opera di sicuro valore formale, con una buona regia, buoni attori, e un andamento tranquillo e senza salti. Lo sfondo storico è la situazione subito dopo la rivoluzione russa, quando il paese era ancora nel caos e in preda alla guerra civile (situazioni però molto smorzate dal regista). E' la storia di un uomo che non si ritrova più nella nuova società russa post-rivoluzionaria, e non riesce a stare a suo agio da nessuna parte. Non disapprova i bolscevichi, ma nemmeno li approva del tutto; con i bianchi non vuole schierarsi; infine, forse anche con un valore simbolico, il suo appartamento è stato occupato da altre persone organizzate dai comitati popolari. Non ha nessun posto dove andare, o dove rendersi utile.
La pellicola è preceduta da alcuni spezzoni documentaristici con voce narrante, che sono una specie di spot pubblicitario della rivoluzione d'ottobre. Non so chi e quando abbia inserito questo prologo, ma non è difficile immaginarne il motivo. Il film, infatti, è un po' sfumato dal punto di vista ideologico. I bolscevichi sono personaggi positivi (soprattutto il capo della prigione), ma, nel suo insieme, la Russia bolscevica ha più di qualche ombra e suscita alcuni interrogativi. Lo stesso protagonista, benché realmente esistito, finisce per avere un vago valore simbolico, specie per i suoi dubbi e la sua difficoltà di inserimento. Forse qualcuno, con il prologo, ha voluto o dovuto mettere le mani avanti, decantando cioè la rivoluzione e tacendone i crimini, in modo che il film sembrasse meglio collocabile nell'ortodossia del regime. L'opera quindi ne esce appena ambigua, ma sostanzialmente schierata dalla parte dei rivoluzionari. Al di là del merito della questione, questa sua lieve indecisione, tuttavia, ne costituisce anche un limite.
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