Regia di Grigori Aronov, Aleksej German vedi scheda film
Il generale di divisione Adamov durante il regno dello zar Nicola II è stato anche procuratore militare e docente all’Accademia Militare, un personaggio talmente autorevole che i pochi che lo riconoscono durante la prigionia bolscevica gli si rivolgono ancora con il predicato di “eccellenza”. Dopo la rivoluzione del ‘17 e durante la guerra con i Russi Bianchi si ritrova prigioniero con alcuni boiardi e gerarchi di stato, privato di tutto ciò che possedeva, il suo grande confortevole alloggio è confiscato e occupato da decine di poveri, la sua famiglia è morta da tempo, anche la sua vecchia domestica è scomparsa, non ha più niente e nessuno da cui recarsi dopo che alcuni funzionari rossi lo hanno liberato per aver scoperto essere una brava e giusta persona dimostrandolo anche durante la sua attività di procuratore militare. Significativo il fatto che i funzionari rossi lo rimproverano per non aver rivelato prima i suoi meriti, rischiando così di farsi fucilare, come se non gli importasse nulla della vita; in effetti il senso della sua personalità in questo contesto rivoluzionario è proprio questo: è talmente smarrito da non disporre più di energie atte alla sopravvivenza, sulla quale prevale una dignità esteriore che rischia di essere controproducente. Anche i pochi che riteneva amici hanno talmente tante paure e problemi di sopravvivenza che o gli negano ospitalità o addirittura si nascondano nelle loro stesse case per non dover misurarsi con lui e la propria coscienza. Disperato si rivolge al comandante della guardia nel palazzo dove era tenuto prigioniero, con il quale era sorta una certa stima e simpatia e si adatta a fare la lavandaia, lava i panni sporchi dei prigionieri finché lo scopre un commissario del popolo che cogliendone le qualifiche e competenze cerca di valorizzarlo per la causa della rivoluzione. Lui accetta più che altro per rendersi utile in modo più idoneo alla sua esperienza, essendo un giurista ed ex procuratore assisterà un ispettore durante le sue indagini su alcuni crimini commessi, ma non riuscirà ad evitare che si riducano ad applicare una giustizia sommaria a causa dei tempi di guerra civile, abusando quindi del potere e violando i diritti dei sospettati, che nel dubbio e nella premura vengono tutti sistematicamente fucilati. Tutti aspetti che lo fanno soffrire, essendo un uomo fiero, dignitoso e giusto. Alla fine viene catturato dai Russi Bianchi che riconosciutogli l’alto rango e perdonatogli la collaborazione coercitiva coi rossi lo vorrebbero reintegrare nell’esercito, manifestandogli fin da subito una totale riverenza. Ma lui a questo punto, stanco di tutte queste situazioni di violenza e sopraffazione, coerente con i suoi valori, che paiono ormai non apprezzati da nessuno, preferisce farsi fucile per aver rifiutato di collaborare. Un film che con garbo, eleganza, dignità, dall’inizio alla fine dimostra di saper raccontare storie umane profonde senza mai annoiare, rivelando sentimenti e riflessioni di altissimo profilo psicologico, culturale e spirituale, collocandoli ed estrapolandoli da circostanze dure, truci, di assoluta confusione, approssimazione e prevaricazione, come il periodo post rivoluzionario in cui si aveva la pretesa di cambiare in pochi giorni e scuotendolo totalmente dalle sue fondamenta, un sistema di potere che vigeva da secoli. Tutti i personaggi, dal primo all’ultimo, riescono a trasmettere il nucleo essenziale della loro anima sociale e dei valori di riferimento, pur disponendo a volte di pochissimi minuti per recitare il loro ruolo. Ma è soprattutto la nobile dignità e la fierezza (espressa sempre con sobrietà, modestia ed umiltà) e la coerenza ai suoi valori di riferimento di Adamov, questo galantuomo d’altri tempi, a costituire l’elemento dominante del film, che cattura lo spettatore e lo rende partecipe. Un film che merita senz’altro di essere visto nonostante gli orari assurdi in cui viene abitualmente trasmesso in tv, le rare volte che accade..
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