Regia di Douglas Tirola vedi scheda film
Dal titolo della più celebre copertina di “National Lampoon”: un bel cagnolino con una 357 Magnum puntata alla tempia e appunto la scritta: «Se non comprate questa rivista uccidiamo il cane». Il docupop di Douglas Tirola racconta la storia del giornale satirico Usa dalla sua fondazione alla trasformazione in evento “crossmediale”, come si direbbe oggi. Una trasmissione radiofonica, poi il Saturday Night Live in tv, Animal House al cinema, fino a I Simpson, prodotti da due ex Lampoon. Una redazione crocicchio di diverse irriverenti ilarità, da quella british di Tony Hendra (lo scopritore di John Belushi) a quella ebraica, a un pragmatico humour... canadese. Tutto nacque a Harvard (!) o giù di lì, e i colpevoli furono Henry Beard, Robert Hoffman e Douglas Kenney (autore, quest’ultimo, di una rubrica intitolata “First Blow Job”). Geniali: Kenney scriverà Animal House (è anche tra gli interpreti) per poi morire a soli 33 anni, forse suicida, forse precipitato strafatto da una scogliera, forse entrambe le cose. Il giornale raggiunge i 2 milioni di lettori, diventa case study per Marshall McLuhan, non guarda in faccia a nessuno ed è accusato di essere: a) sessista b) comunista c) antisemita d) razzista. Uno scandalo politico permanente. Il docupop racconta ascesa e decadenza nel solo modo possibile, quello cazzaro di chi dietro montaggi irriverenti, disegni irricevibili e pubblicità politicamente scorrette, prende(va) l’assurdità del mondo maledettamente sul serio.
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