Regia di Alex Gibney vedi scheda film
Realizzare un documentario su Scientology comporta questioni spinose, non solo per il cosa dire su quella che nel 1993 è stata dichiarata ufficialmente una religione, ma anche per come dirlo. Il cosa di Gibney si fonda su Going Clear: Scientology, Hollywood and the Prison of Belief, il volume di Lawrence Wright (anche produttore) contenente dichiarazioni di individui fuoriusciti da Scientology circa le violenze fisiche e psicologiche messe in atto contro chi non rispetta le regole della chiesa. Il più celebre è il regista Paul Haggis, dissociatosi dopo 30 anni, non potendo tollerare la posizione intransigente nei confronti delle sue figlie omosessuali; solo uno dei tanti nomi di Hollywood legati all’organizzazione fondata da L. Ron Hubbard. Un legame, quello fra cinema e Scientology, che incide sul come di Gibney: è possibile uscire da meccanismi narrativi spettacolarizzanti, nel racconto di un’entità che sulla rappresentazione di sé (esaltata, sopra le righe, hollywoodiana, appunto) ha fondato parte del suo successo? Se Going Clear somiglia, a tratti, a un legal thriller (la lotta contro il fisco Usa), a un episodio deviato di Extreme Makeover (la storia di Nazanin Boniadi, adepta scelta e “ritoccata” per diventare la fidanzata di Tom Cruise), a una distopia fantapolitica, è perché Gibney è consapevole di quanto forte, e inquietante, sia la vicinanza fra l’autorappresentazione di Scientology e la messa in scena di sé che l'America compie tramite Hollywood.
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