Regia di Ethan Coen, Joel Coen vedi scheda film
Nostalgico, disincantato, esilarante e parodistico: l’ultimo film dei fratelli Coen si avvale di una semplice genialità, suscitando la risata più autentica senza far cessare di riflettere.
Dopo la crudezza da western crepuscolare dei loro ultimi thriller e un incerto variare su altri generi (Il Grinta – 2010, A proposito di Davis – 2013), gli acclamati fratelli Coen firmano un vivace ritorno alla commedia con Ave, Cesare! (2016).
Il film ci proietta nella gloriosa Hollywood degli anni’50, in cui le Majors, sfornando a ritmo serrato pellicole di ogni sorta, perpetuano il sogno americano. Protagonista della vicenda è il fixer Eddie Mannix (Josh Brolin), ovvero colui che è incaricato di risolvere i problemi relativi alla realizzazione di un film e di mettere a tacere gli scandali delle stars coinvolte da un grande studio (in questo caso la Capitol Pictures). La suddetta pellicola è quella che dà il titolo al film (Hail, Caesar!), un kolossal alla stregua di Ben Hur (1960) e Quo Vadis (1951), dove un istrionico George Clooney interpreta un centurione romano alle prese con la venuta di Cristo in Palestina.
L’intera storia ruota attorno al rapimento di questa star (Baird Whitlock) da parte di un gruppo di sceneggiatori comunisti, i quali richiederanno alla casa di produzione un riscatto di 100.000 dollari.
Mannix dovrà destreggiarsi nel risolvere ogni tipo di situazione interna allo studio cinematografico: dal tenere a bada pettegole giornaliste (una doppia interpretazione di Tilda Swinton) a mediare in dibattiti teologici sulla figura di Cristo, dal preoccuparsi della gravidanza indesiderata di una diva acquatica (Scarlett Johansson, che adombra chiaramente Ester Williams) al subire le lamentele di un regista (Ralph Fiennes) costretto a far recitare un attore incapace. Obbligato inoltre a venire a patti con il gruppo di marxisti (capeggiati da un attore/ballerino di tip tap), rimediare agli intoppi delle produzioni e ai capricci delle stars, Mannix si confronterà con il suo sofferto senso del dovere, con i suoi ingenui sensi di colpa fino a sbrogliare l’enorme e complessa matassa propria del suo lavoro quotidiano.
I due cineasti realizzano un’impresa filmica ammirevole, siglando l’ennesimo eccellente prodotto; la dimensione estetica vintage nella quale prende vita la storia favorisce un gioco di generi davvero singolare: spostandoci da un set all’altro possiamo immergerci in patinate commedie sentimentali, western acrobatici e kolossal di ridondante fastosità.
Dal punto di vista tecnico Ave, Cesare! è inattaccabile. Essendo girato come un film “classico” vengono enfatizzati gli aspetti tradizionali del cinema hollywoodiano: l’uso moderato dei movimenti di macchina, l’esaltazione delle fisionomie degli attori e delle scenografie. Sorprendente è la fotografia di Roger Deakins, vivace e luminosa, che esalta le gamme cromatiche in stile Technicolor dipingendo le scene con un’atmosfera di grande preziosità.
Le tematiche affrontate dai Coen, esplicitamente o implicitamente, nella magnifica sceneggiatura sono di grande respiro: la religiosità e la concezione cattolica (la prima inquadratura del film è un crocifisso, una delle ultime scene è ambientata sul Calvario) manifestate da Mannix, lo spettro del comunismo che tenta di agire dietro le quinte, la complessità di un ruolo/mestiere che implica una posizione da risolutore (quella in cui si trova il protagonista), la comunicazione e i rapporti inter-personali (quindi la collaborazione tra regista e interprete), il confine tra finzione e vita reale…e non per ultima la dimensione meta-cinematografica che avvolge i personaggi e le loro storie, felice e acuta nella sua auto-ironia. L’immenso studio della Capitol Pictures rappresenta la fabbrica dei sogni per gli evasori/gente comune, che riflette però al suo interno lo squallore della stupidità umana (i caratteri improponibili delle celebrities e l’appetito dei finanziatori Newyorkesi): il fixer Eddie deve fungere da intermediario tra il mondo incantevole dell’apparenza e le patetiche vicende che infestano la realizzazione di un film.
La scelta degli autori di tuffarsi nel passato è in realtà funzionale ad osservare con maggiore oggettività le dinamiche del cinema odierno: sullo sfondo delle vicende elaborate dai Coen si intravede l’attualità (i divi di oggi sono ambigui come quelli del passato, i produttori altrettanto ingordi e selettivi).
Rientrando, seppur con numerose sfumature ed eccezioni (i due cineasti non sopportano l’etichettatura e la classificazione dei loro film), nel macro-genere della commedia, Ave, Cesare! offre un umorismo completo e irresistibile: si pensi a scene madri come quella del regista Laurence Lorenz in balia dei disastrosi esiti recitativi del giovane interprete western Hobie Doyle, lo spaesato Baird Whitlock introdotto alle teorie marxiste, Mannix che – più onesto di tutti – si reca ogni giorno al confessionale…Eppure l’ironia dei Coen non esita a mostrarsi malinconica ed esistenziale; amara e pietosa la scena in cui il “gruppo di studio” degli impacciati comunisti incontra un sommergibile sovietico, simbolica nonché magistrale quella in cui Whitlock recita intensamente ai piedi di Cristo in croce dimenticandosi l’ultima battuta del copione.
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