Regia di Denis Villeneuve vedi scheda film
Sicario è un ulteriore passo che conferma le capacità filmiche di Denis Villeneuve che, dopo Prisoners, riprende l’espediente thrilling, appropriandosi dell’azione, mettendo però in risalto soprattutto un sottobosco lontano dalla vista di tutti i giorni, con implicazioni morali e sociali in grado di avvicinare chiunque, andando anche oltre il cosiddetto coraggio realista.
Il suo è un film esplosivo, serio, corposo, più che non far sconti, si potrebbe dire che alza proprio il prezzo, piazzando una gamma di personaggi perfetti all’interno di un percorso costruito con scrupolo.
Kate (Emily Blunt) è un’agente Fbi ligia al dovere e pronta a tutto nel suo mestiere, tanto che il suo capo la propone a Matt (Josh Brolin), a servizio della Cia.
Per lei, è l’opportunità di entrare nel vivo di una sfida di giustizia che sente sua, ma il nuovo campo, con le modalità e gli obiettivi richiesti, la metterà al cospetto di un quadro generale più grande di lei.
Soprattutto, si trova fianco a fianco con Alejandro (Benicio Del Toro), un uomo misterioso, sul campo di battaglia, spietato e preciso, come se appartenesse a un altro mondo.
Sicario è una manna dal cielo per chiunque apprezzi la commistione tra generi, serietà d’intenti e comunque la volontà di ottenere qualche input/output che elevi la visione e quindi di conseguenza l’opera.
Tosto e immediato, il folgorante ingresso rivela un mondo e la protagonista, gestisce tempi di base anche lunghi, ma sempre scanditi da qualche dettaglio da non trascurare, ma sa coltivare la reazione, diventando improvvisamente tangibile, trasmettendo la sensazione che ci siano delle esigenze a monte, pienamente asservite.
C’è uno sporco lavoro da fare, tra azioni e reazioni, il protocollo, la necessità di sollevare un polverone e qualcosa di più grande, forse necessario, ma comunque terribile per il pensiero, con una denuncia, coraggiosa, nei confronti di un potere dall’alto che, giusto o sbagliato che sia, pecca nella sua distanza tra ciò che fa e ciò che pronuncia.
Così, gli ideali devono fare i conti con una morale piegata in virtù di un disegno superiore che, inequivocabilmente, è mosso senza bisogno di chiedere permessi.
E per avvalorare tutto questo, i personaggi sono calibrati e corposi, aperti o, in parte, nascosti, con il cast che compie un servizio immenso.
Se Emily Blunt riveste i panni della chiave emotiva – precisa, onesta ma anche debole nella sua apertura – Benicio Del Toro è l’anima del film, tanto teorica quanto pratica, in sintesi immarcabile; per entrambi si parla di un’interpretazione di grande livello. Importante anche il contributo di Josh Brolin, il cui personaggio viene presentato fin da subito indelebilmente (riunione che conta, lui in infradito).
Proposto in maniera secca, Sicario è dannatamente, e giustamente, crudo, anche brutale, causticamente realista, ma propone entrambi i fronti della barricata, ennesima prova meritevole di attenzione per Denis Villeneuve, coadiuvato da Roger Deakins alla fotografia, uno dei grandi di questi anni (notevole l’attenzione sugli esterni desertici), capace di plasmare i generi senza scadere nelle consuetudini (essere a Cannes in un concorso ultra selettivo con un film così non è mai un caso), in attesa di vederlo alle prese con la fantascienza (di primo acchito, umanista) di Arrival e poi con la prova che fa tremare i polsi solo al pensiero… Blade runner 2.
Al momento, si tratta di un’altra dimostrazione di padronanza, occhio (clinico) e volontà che unisce alto e basso proponendo un tipo di cinema consigliabile ai più esigenti così come agli spettatori occasionali (aspetto che riguarda pochi, grandi, autori di questi anni).
Esplosivo e devastante, senza mai tirarsi indietro.
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