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Sicario

Regia di Denis Villeneuve vedi scheda film

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La recensione su Sicario

di maurizio73
8 stelle

La tambureggiante dialettica da rullo compressore di questa progressione cinematografica di straordinaria potenza visiva si traduce in un film teso e ambiguo che sembra assecondare con impietosa lucidità le istanze di un cinema antiretorico e spettacolare che rimanda dritto dritto al malinconico disincanto del cinema di Peckinpah.

Arruolata in una task force impegnata nel contrasto ad un importante cartello messicano della droga attivo al confine Tex-Mex, la giovane ed idealista agente FBI Kate Macer dovra fare i conti non soltanto con la devastante potenza militare del nemico esterno ma anche con i discutibili metodi di un insidioso e temibile nemico interno, disposto a tutto pur di raggiungere uno scopo personale che solo in parte sembra coincidere con quelli dei suoi ignari compagni di viaggio.

 

locandina

Sicario (2015): locandina

 

Impegnato sin dai suoi esordi nello scandagliare il confine etico e psicologico che sembra separare l'aspirazione ad un mondo perfetto dalle sue innumerevoli declinazioni di degenerazione ed ambiguità, il canadese Denis Villeneuve si trasferisce dalle raggelate periferie di anonime e grigie cittadine del Nord America alle assolate e brulle asperità di una terra di frontiera dove si gioca la sporca partita di una malintesa legalità che confonde il fine con i mezzi e dove la battaglia del tuo nemico di ieri può essere quella del tuo amico di oggi; nell'apparente confusione di ruoli che pare inscritta nel cinico pragmatismo di una Nazione Americana da sempre impegnata nel combattere le minacce alla propria libertà e indipendenza con tutti i mezzi a disposizione. La tambureggiante dialettica da rullo compressore di questa progressione cinematografica di straordinaria potenza visiva si traduce in un film teso e ambiguo che sembra assecondare con impietosa lucidità le istanze di un cinema antiretorico e spettacolare che rimanda dritto dritto al malinconico disincanto del cinema di Peckinpah (Bring me the head of Alfredo Garcia) piuttosto che alla desolazione umana del paesaggio di confine tratteggiato dai fratelli Coen (No Country for Old Men), dove le relazioni umane sembrano fondate sull'indicibile accordo di una reciproca ed ineffabile volontà manipolatoria e dove l'ingordigia ed il desiderio di vendetta sono il motore di un'azione drammatica senza speranza e senza via di scampo. Il tempo degli eroi insomma sembra tramontato per sempre e conviene adattarsi in fretta (o perire) in un mondo dove la disperazione degli uomini è solo merce di scambio tra eserciti silenziosi pronti a scontrarsi nella terra di nessuno visitata solo dall'occhio di un satellite spia e che deflagra nell'inevitabile bagno di sangue tra gli angusti cunicoli di un dedalo di gallerie scavate nel deserto, un labirinto da cui uscirne vivi è ancora possibile ma non tenendo indenne la propria coscienza ed approdando ad una nuova consapevolezza su come i compromessi del potere si esercitino contro e malgrado gli ideali da cui dovrebbero essere mossi (Spartan). Noir d'azione sicuramente più esplicito e meno grottesco degli esiti surreali cui approda il cinema di Jaramush (The Limits of Control), ma che ne conserva intatto il disincanto nichilista, il film di Villeneuve è un piccolo apologo sull'ambiguità del potere e delle relazioni umane (il misterioso contractor in cerca di vendetta, l'agente sedotta dal nemico in un momento di debolezza, le incursioni negli affetti domestici  di un poliziotto corrotto, il libero arbitrio finale affidato alle benevole concessioni di un'affinità sentimentale) e dove il bene ed il male si confondono nel tremolante baluginare di una Fatamorgana che ne distorce le forme e ne stravolge i confini. Messa in scena di notevoli suggestioni paesaggistiche (bellissima la fotografia di Roger Deakins) e dal rutilante commento sonoro (Jóhann Jóhannsson), raggiunge momenti di inarrivabile straniamento visivo (l'avanzare delle truppe anti-narcos nella policroma iridescenza del crepuscolo quali sperduti cosmonauti inghiottiti dalle tenebre di un mondo alieno) e di un efficace compendio del montaggio. Notevole la presenza scenica di una dolente ed emaciata Emily Blunt e straordinaria invece quella carismatica e magnetica di un insuperabile Benicio del Toro che non fa rimpiangere la spietata indolenza di Warren Oates nella parte di un memorabile Sicario che fu. Candidato alla Palma d'oro al Festival di Cannes 2015 ed a tre Premi Oscar 2016, tutti per contributi tecnici. 

 

 

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