Regia di Denis Villeneuve vedi scheda film
Come non pensare a Warren Oates e alla testa di Garcia, seguendo la malinconica rabbia sul volto di un Benicio Del Toro deciso a uccidere il "jefe" che, ecco un altro indizio, gli ha decapitato la moglie e ucciso la figlia? La frontiera di Peckinpah era più polverosa e meno, per così dire, istituzionale, ma Denis Villeneuve non va troppo lontano da quei western fuorilegge, pieni di anti eroi. La frontiera americana, oggi e allora, è sempre quella messicana, quella che sfuma nel deserto e che è ancora più labile, negli anni zero, da quando il narcotraffico messicano ha cominciato ad allungare la presa negli Usa, oltre a insanguinare il proprio paese. E il confine di Villeneuve è anche quello fra chi prova a combattere il crimine restando nelle regole su cui ha giurato e chi agisce al di fuori di ogni controllo legale, scendendo sullo stesso piano dei cartelli del narcotraffico. Quello che ne è uscito, è un film denso e teso, un ritratto a tinte forti, con personaggi ben delineati, che pur restando parzialmente nella convenzione di un ottimo action movie, ha dalla sua, appunto, un'assenza di retorica, un rimescolamento dei ruoli, fra i buoni e i cattivi, che porta tutti, inevitabilmente, a una sconfitta. E fra Juarez, El Paso, Sonora e l'arsura di cielo e terra, "Sicario" è anche un western, o, forse, soprattutto un western. Gli attori sono in pieno controllo, con un Del Toro superbo, infettato dal desiderio di vendetta e dal dolore, mentre attorno gli ronzano i federali, la polizia, la CIA e quant'altro. Ma è tutto rumore e sfondo, perché "Sicario" è molto di più. Un film splendido, per un regista che continua a indovinare un film dopo l'altro. Il canadese Villeneuve è uno su cui si può contare. Da vedere.
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