Regia di Denis Villeneuve vedi scheda film
L'agente dell'FBI Kate Macer (Blunt), donna idealista votata alla ricerca dei narcotrafficanti capaci di orrende esecuzioni pur di eliminare qualsiasi cosa si intrometta nelle loro losche attività, viene ingaggiata dal comandante di una task force governativa (Brolin) con la promessa di darle in pasto i cattivi capaci di tanto abominio. Al confine tra Messico e Stati Uniti, dove vengono combattuti i cartelli della droga, la donna si rende involontariamente complice di un'operazione eseguita con giustizia sommaria e in barba a qualsiasi protocollo e il cui principale protagonista è un glaciale quanto ambiguo esecutore dal passato oscuro (Del Toro).
Al suo terzo film Denis Villeneuve si conferma autore di razza e scandagliatore d'altissimo profilo delle contraddizioni dell'animo umano. Se ne La donna che canta la bipolarità si materializzava nell'apprendimento di un vissuto materno del tutto sconosciuto e in Prisoners nella violentissima contraddizione tra il fervente credo cattolico e la furia belluina sprigionata dal protagonista dopo il rapimento della figlia, in Sicario troviamo una donna dilaniata tra una scelta idealista e il brutale pragmatismo dei suoi sodali. E, ancora una volta, a fare da sfondo c'è il tema della tortura, presente in tutti e tre i film usciti nelle sale italiane. Quest'opera, che per tema e per la partecipazione dirompente e carismatica di Benicio Del Toro non può che rimandare a Traffic di Soderbergh, si avvale di scene di rara potenza emotiva che non disdegnano qualche fulminante colpo basso allo spettatore, ma anche di uno stupefacente senso della messa in scena (merito soprattutto della strepitosa fotografia di Roger Deakins) e di una impeccabile direzione degli attori. Ancora una volta è la densità della trama, con qualche raccordo in fase di sceneggiatura non sempre decifrabile, a penalizzare minimamente un film che racconta con grande senso dello spettacolo la discesa nei gironi infernali dei mercanti di droga.
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