Regia di Denis Villeneuve vedi scheda film
Al confine fra USA e Messico, su quelle distese desertiche che sembra tu possa affacciarti al mondo intero godendo dell'orizzonte e oltre, l'orizzonte stesso e il suo tramonto sono oscurati da figure respingenti ed oscure, autovetture e camion intenti a raggiungere un brutto luogo o dei soldati che stanno per discendere in una grotta. Laddove cala la notte, arriva Sicario, nella sua quieta crudeltà, un film fatto di oscurità di vario genere, tutte che si abbattono su Kate Macer, agente FBI interpretata da un'Emily Blunt tremolante e notevole. L'oscurità in questo caso avrebbe apparentemente le fattezze del cartello messicano, dei traffici di droga, dei boss che su scala gerarchica controllano il commercio che alimenta il vizio di almeno il 20% della popolazione statunitense e oltre, come se quelle terre così malmesse fossero la discarica morale degli stravizi occidentali. Lì la legge e il protocollo perdono di significato e dunque saremmo portati a giustificare pura assenza di scrupoli, violenza ad ogni angolo di strada di Juarez, morti impiccati sotto i ponti, sgozzati o squartati, e spari in lontananza durante la partita di calcio di alcuni bambini. Tutto un caos che disturba la tranquillità sonnolenta di famiglie normali. Ma siamo abituati meno a vedere case degli orrori e scoppi di bombe a Phoenix, dopo che l'abbiamo osservata dall'alto e pur nella sua monocromaticità vantava quella sua serena geometria di strade e case come sfondo sano al consueto american dream, magari. E' l'ingresso violento in territorio americano di questa cataclismatica violenza che convince Kate a mettere mano alle armi e ad accettare un posto nella task force che ha intenzione di portare in Arizona da El Paso il fratello di un noto boss mafioso. Kate però fa fatica a convincersi di quanto ci sia di meschino dietro il progetto e la spedizione.
Denis Villeneuve è un prestigiatore, come Cary Fukunaga, e entrambi, chi più chi meno, hanno gli stessi difetti. Partono in quarta, e sembra che davvero dai generi più abusati possano tirar fuori quella parvenza di originalità che dia adito a un film buono, rigoroso, problematicamente crudele. Ma - più Fukunaga che Villeneuve, a dirla tutta - sanno benissimo che la crudeltà va abbastanza di moda. Certo poi Villeneuve, che già è un nome affermato, può permettersi qualcosa di più del semplice coraggio di non salvare nessuno, nel calvario del suo Sicario. Il personaggio di Emily Blunt è certo forza trainante dell'intera pellicola, ma tutta la giostra caratteriale che la circonda carattere proprio non ne ha, non ha mistero, non regge allo spessore che i personaggi veri si meritano. Benicio del Toro può essere tutto quello che Villeneuve vuole, non rimarremo particolarmente sconvolti. E Josh Brolin potrebbe anche smetterla con quelle smorfie, che tanto il suo personaggio è trasparente dall'inizio alla fine, e senza veri sottintesi. E' la regia che dà l'illusione che veramente il mistero si stia infittendo, e sulla regia di Villeneuve, sui suoi tecnicismi e meccanismi atti ad ipnotizzare lo spettatore, su queste cose si potrebbe davvero scrivere molto. Carrellate, fluidi primi piani, scarti di simmetrie ed assimetrie, chiaroscuri, fino alla straordinaria sequenza della camera termica alternata alla visione notturna, che non facendo altro che seguire i soldati che scendono negli inferi sfiora quasi l'horror.
Ma la regia non basta, in un film di fatti come Sicario ci vogliono i fatti, e i fatti sono che tutte le dinamiche sono travestite, mascherate, abbellite, ma sono quelle e sono prevedibili. Tanto che il cinismo e la crudeltà supposte appaiono, alla fine, quasi conclusioni morali, lezioni, dichiarazioni sensazionalistiche di chi crede di essere davvero sceso in basso e possa testimoniare l'inferno. Non quanto Beasts of No Nation di Cary Fukunaga, ma Sicario è un film che, è evidente, si atteggia, con i toni della formazione alla violenza. Con tutta quella splendida regia vuota che fa facilmente abboccare. Ipnotizza, certo, galvanizza, ma non colpisce a fondo, con i suoi ritmi fatti con lo stampino e i risvolti che non lasciano spazio ad alcun vero respiro registico. Trovate, idee, mezz(ucc)i: di Sicario non si può negare il sopraffino spettacolo, ma dovrebbe essere questo, e non certi film d'autore molto più difficili e inaccettabili, ad essere preso per film di fatto vuoto, dal contenuto prefabbricato e impiantato, riempito di sufficienti spiegoni da diventare facile, e arricchito da virtuosismi che non appartengono a nessun corposo pensiero formale. Era lecito aspettarsi molto di più di una ben infornata fontana di indignazione. Un po' meno bello di Prisoners, ma anche un po' più furbo. Anche se in fatto di scene action trova pochi concorrenti che possano batterlo.
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