Regia di Denis Villeneuve vedi scheda film
Sicario (2015): locandina
Denis Villeneuve posa il suo sguardo alieno sul mondo al confine tra Messico e Usa e ne disvela, con la forza di un'e(ste)tica genuinamente feroce, la brutale natura. Zona di guerra, di frontiera umano-schiavista, di magmatico impero del crimine alimentato da oceani (e sterminata domanda) di droga, di assuefazione a una violenza senza regole e a tante, infinite vittime. Terra dannata, terra corrotta. Femmina. Di lupi e uomini che la popolano governando col caos, con il sangue, con la paura. Un'ospite (in)desiderata, suo malgrado semplice osservatrice, complice. Come l'agente FBI Macer. Kate, femmina, fragile e tosta, una che «sfonda porte dal primo giorno», catapultata in qualcosa che non riesce a capire, a cui non riesce a dare un nome: sul suo volto gli occhi disegnano progressivamente uno spaesamento interiore lacerante, mentre assiste impotente al cruente gioco dei lupi travestiti da boss dei cartelli, da omuncoli al loro servizio, da clandestini che forse sono anche altro, da poliziotti disonesti, da doppiogiochisti, da enigmatici "consulenti per la difesa" (leggi: CIA), da spietati assassini. Un gioco in cui scoprirà (troppo tardi) di avere un ruolo: impossibile ribellarsi, impossibile protestare. Non quando i limiti entro cui operare «li hanno spostati», in un limbo indefinito di lecito/non lecito e le regole d'ingaggio prevedono, nel giubilo generale, «fuoco libero»; perché, il fine ultimo - e non importa quali siano i patti da stringere e i mezzi da adoperare - è «alzare un po' di polvere e creare il caos».
Sicario (2015): Victor Garber, Emily Blunt
Villeneuve ci trascina immediatamente nel - sanguinoso, nerissimo, inumano - caos che attraversa, come educato elettroshock all'ennesima potenza, l'innocente terra, arida, impregnata di fluidi ematici e viscere e brandelli di corpi. L'incipit, folgorante, orchestrato per macchina da presa che domina, dinamica e fluida, su(l) tutto e per ossessive sonorità martellanti (e ritornanti), è da manuale (dell'etica dello sguardo): mentre l'azione prosegue disegnando pezzi di bravura, dalle pareti (barriere di mondi conosciuti e verità accettate) s'aprono squarci che rivelano altro. Cadaveri putrefatti ovunque, cadaveri di una legalità marci(t)a che a malapena scalfisce la superficie della barbarie aldilà-aldiqua. È solo l'inizio: poi la narrazione segue coordinate definite - ma sempre intrise di ambiguità, sottotesti intelligenti e utili (e non buttati lì a caso come troppo spesso si vede, tanto nel cinema mainstream quanto in quello indie) e dall'inesorabile crescendo - mentre il regista non abbandona mai la sua prospettiva (estranea - sia ai cowboy sia ai narcos -, in forma di analisi antropologica e (geo)politica, dentro/fuori un corpo di donna). Che siano riprese aeree sul caldo deserto o su agglomerati di case dall'inquietante ordine, che siano le concitate riprese strette nelle vie dell'inferno urbano di Juarez (ove di giorno si scoprono corpi mutilati appesi a un cavalcavia, e di notte brillano i «fuochi d'artificio» di spari veri, esplosioni e sirene della polizia), o ancora i primi piani sul volto di Kate/Emily Blunt (che descrivono i vari passaggi degli stati d'animo) e sulle facce impenetrabili dei "consulenti" Josh Brolin e Benicio del Toro: l'autore di Incendies e Prisoners ritrae scenari-personaggi-identità dall'intensa carica emotiva e dal forte impatto (a)morale. Usando il racconto e i suoi interrogativi come dispositivo d'indagine formale ed estetica, e viceversa (una scena su tutte: l'irruzione di del Toro nella casa del boss che gli ha cambiato/dannato la vita; ma anche il successivo "incontro" tra lo stesso e la Blunt). Dimostrando di sapere disporre del mezzo con una padronanza innegabile e con encomiabile, personale, senso (morale) e coscienza: la tensione accelera i battiti del cuore al momento giusto (la toccata e fuga in Messico per prelevare il fratello di un criminale, l'attacco nel tunnel illuminato nell'ottica dei visori notturni, il corpo a corpo tra l'esca Kate e un poliziotto corrotto), la violenza scorre senza farsi enfasi bensì portatrice di sincera espressione realistica, la paura si fa tangibile alla rivelazione del sicario (un Benicio del Toro da incubi), anima nerissima, irredimibile, ineluttabilmente votata all'indicibile, generata dall'impellente torbida necessità di ottenere "ordine" da parte del (perverso) sistema.
Sicario (2015): Emily Blunt, Josh Brolin, Benicio Del Toro
Sicario (2015): Benicio Del Toro
Sicario (2015): Benicio Del Toro
Chiudendo, infine, sullo stagnante stato irreversibile dello cose: in un campetto di calcio, a Juarez, dei bambini giocano finché degli spari non troppo distanti li fanno interrompere. Ma solo per un istante, e il gioco (della vita e della morte, di questi tempi a queste latitudini) può riprendere come nulla fosse.
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Greg, ascolta un cretino : lascia per il momento l'untitled-indefinited-improponible-chenesaimagarivienfuoribene-BR2 e fiondati su Story of Your Life ( che ha finito di girare e sta post-producendo ) non appena uscirà nel 2016. Penso che Villeneuve l'imperfetta libertà conquistata sul campo ( praticamente è un rullo compressore, dopo un periodo di stasi negli anni zero ), da quel che ho visto, la sappia gestire : spero solo che un compito ''gravoso'' come BR2 non incida sul risultato finale di SoYL ( Blomkamp da questo PdV è più libero col ''suo'' Alien : Paradise Lost...), e ri-spero che si comporti un po' come Spielberg con Schindler's List - Jurassic Park ( anche se il paragone è tempisticamente impreciso e dev'essere ribaltato ), quando cioè l'Amblin-Man montò Jurassic Park col piede sinistro mentre si dedicava anima e corpo a Schindler's List. Villeneuve, di cui pian piano sto recuperando tutto, dai primi lavori su su sino a Sicario ( conto di finire per il 2017 inoltrato, in tempo forse per BR2 ), è autore di un cinema non propriamente ''classico'', e tanto meno in scia coi postumi della New Hollywood, ma potente, che sfama,e al contempo non è mai sazio di consegnarti quel qualcosa in più di pensato, ponderato e sorprendente. L'unico paragone che mi sento di proporre è quello con James Gray, infarcito da un'ombra dell'Artista Un Tempo Conosciuto Come M. Night Shyamalan ( ora nin zò ).
Giusto, Story of Your Life; tra l'altro con Amy Adams, una delle mie attrici preferite (che tra lei, Jessica Chastain, Julianne Moore e Tilda Swinton so' tutte rosse: un caso, un indizio, la Morte Rossa?). È che BR2 tende a fagocitare il resto ...
Quanto a Sicario fammi sapere poi: credo che sposterai (allargherai) un po' il giudizio su Villeneuve (altro che lo sciamalano!).
Correggo un evidente refuso : ovviamente Alien : Paradise Lost è il Prometheus 2, Blomkamp dirigerà Alien 5. Maronna!
Concordo con la tua bella rece....... quella scena finale del campetto di calcio ...... , sotto certi aspetti forse ancora più avvilente e triste di tutto il resto .....
Non sapevo dei vari ostacoli da parte degli Studios...altro valore aggiunto .
Un saluto dalla Dolly
L'aveva dichiarato lui in un'intervista mandata in onda qualche giorno fa da Hollywood Party; roba del tipo: "ti diamo più soldi se il protagonista è uomo" (ovvero "ti tagliamo il budget se rimane donna") ...
......assurdo....sotto ogni punto di vista , prima di tutto qui si può ben parlare di comprimari ed
In un film/racconto di questo tipo il personaggio femminile può servire a rendere più obiettivo il punto di vista generale , a mettere a confronto sensibilità diverse , reazioni contrastanti di fronte a fatti drammatici, per non parlare poi dell' esca....mah...
per fortuna nostra l'hanno spuntata loro...
Assurdo però alquanto "normale": sappiamo bene quali siano le difficoltà per i ruoli femminili e per le attrici in genere. D'altronde sono pochissimi i nomi "sicuri" (oggi Jennifer Lawrence, Sandra Bullock, la Roberts).
Film interessante in quanto fa riflettere sulla natura dell'uomo (esistono i buoni e i cattivi?), la vera pecca a mio parere è la lentezza nello sviluppare la trama, l' "azione" è racchiusa negli ultimi 30 minuti. Con un tocco in più di dinamismo a mio parere poteva essere un film ancora migliore.
Per me invece quello è un pregio: d'altronde non credo che a Villeneuve interessasse fare un action qualsiasi. Questione di punti di vista, comunque.
Neanche io volevo un action movie però non per forza un film per far riflettere deve essere molto lento. Detto questo non è un brutto film, assolutamente
Uno dei migliori film dell'anno, finora. Villeneuve ha delle idee. Del Toro è carismatico. Avete notato qualcosa di banale? Io no.
Di banale proprio nulla. Tra i titoli visti in sala, figura senz'altro nella mia lista dei migliori. Del Toro da paura.
Insieme a Babadook il migliore dell'anno, Del Toro mi sa che ha L'oscar assicurato per questa perfomance magnifica.
Lo meriterebbe. Che poi glielo diano è un altro paio di maniche ...
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