Regia di Denis Villeneuve vedi scheda film
Non lasciatevi tentare dalla via più comoda per parlare di questo film: la stessa scelta a Cannes 2015 (dove la giuria l’ha ignorato) e da molte recensioni. È vero che si esce dal suo finale (intenso) con la stessa convinzione con la quale si usciva da un film di più di dieci anni fa, Traffic (che aveva anche uno degli stessi protagonisti, Benicio Del Toro): inutile combattere la guerra alla droga. Le centinaia di milioni di dollari che soprattutto gli States hanno investito nella lotta contro il narcotraffico con operazioni di guerriglia nei paesi produttori - qualche mese fa sul “New Yorker” c’era una cronaca dettagliata degli enormi danni collaterali alla popolazione locale innocente - non hanno segnato alcun punto a vantaggio dei fautori di questa politica. È vero che si tratta di un film che sembra far semplicemente risuonare un cinema di smalto praticato con successo da autori più noti (come Kathryn Bigelow). È vero che il plot riecheggia temi, ambienti e personaggi di Don Winslow (a proposito, a quando un film davvero all’altezza dei suoi romanzi migliori?), che sul narcotraffico ha imbastito poderosi noir. Ma è vero pure che il prodotto di tutti questi ingredienti è uno spettacolo di prima categoria, che vale tre volte qualsiasi nuovo sequel della Marvel. La sequenza iniziale ha un accanimento nella tensione e nella violenza che ricorda il William Friedkin degli anni 70; quella in sottofinale, con lo scontro nei tunnel, avrebbe potuto portare la firma di Michael Mann. E l’acrobatico gioco di manipolazione reciproca che si viene a creare tra un ex boss colombiano (Del Toro), un agente della CIA (Josh Brolin) e un’agente dell’FBI specializzata in rapimenti (Emily Blunt) ha la seduzione romanzesca di un intreccio di John le Carrè. Nella mani del regista di La donna che canta e Prisoners, la densità di sottintesi, affetti e tradimenti che si libera nelle relazioni tra superbi attori (dobbiamo ricordare quanto lo è Del Toro? Sì, facciamolo) diventa importante quanto la destrezza e la raffinata ricerca visiva delle scene d’azione. Si tratta di tre personaggi ricchi di fragilità, audacia, ossessioni: ma nessuno dei tre crede di essere un supereroe. Questo li rende sensibilmente più interessanti di buona parte del cinema americano di oggi.
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