Regia di Denis Villeneuve vedi scheda film
Dopo Prisoners il regista Denis Villeneuve riprende temi a cui sembra essere particolarmente legato, in questo caso ulteriormente estremizzati, ovvero del tentativo spesso fallace di mantenere a qualsiasi costo un ordine solo apparente rispetto a un caos quasi sempre incontrollabile, da personale nel caso di Prisoners a istituzionale in Sicario, e quindi dell'incapacità di proteggere i propri cari dalla violenza del prossimo e infine della progressiva deumanizzazione di chi è invece incaricato di proteggerci da una tale violenza, e da cui non può che venirne infettato.
Una deumanizzazione che in Sicario prende diverse forme: quella cinica e impietosa di Matt, splendidamente interpretato da un istrionico Josh Brolin, membro della CIA in guerra con il cartello messicano della droga, o quella del killer del titolo, Alejandro, un mercenario colombiano al servizio di chi lo paga e al contempo gli consenta di inseguire una sua personale vendetta, interpretato da un ambiguo e carismatico Benicio Del Toro.
Tra i due estremi l'agente dell'FBI Kate, un 'intensissima Emily Blunt, fragile anche fisicamente, decisa a non giustificare qualsiasi azione pur di ottenere dei risultati, scrupoli che la renderanno perfetta per essere usata più volte dai suoi stessi alleati.
Lo smarrito personaggio della Blunt è probabilmente l'unico esente da colpe, tranne forse l'essere inutile a perseguire un qualsivoglia risultato che non sia solo di facciata, e in un certo senso replica la stessa condizione dello spettatore: un semplice osservatore degli eventi, impotente e impaurito, e in balia di eventi e figure ben più ambigue e ciniche di lei.
Sicario è un film piuttosto semplice e non è certo la sceneggiatura il vero motore della pellicola che è invece rappresentato dalla splendida tecnica di Villenueve alla regia e dell'estetica sopraffina, opera soprattutto della fotografia di Roger Deakins, oltre ad un montaggio sontuoso e calibratissimo, quasi imperioso nel modo con cui riesce a costruirne la tensione.
Villeneuve, alla sua prima vera prova con il genere prettamente d'azione, sa esattamente cosa cercare e di cosa invece privarsi trasformando gradualmente il tutto in una vicenda di vendetta e rancori personali e inscenando un teatrino di personaggi dalle mani insanguinate e dalle crudeltà insensate, in un continuo spostarsi da una parte all'altre del confine (e della legalità) immemori forse della reale battaglia che si sta combattendo e preda soltanto di personalissimi egoismi o di interessi di parte, spesso anche ambigui.
Manca probabilmente un qualche coinvolgimento emotivo in più che non sia riscontrabile soltanto nello spaesamento emotivo della Blunt rispetto alla natura contradditoria o inqualificabile di praticamente tutti gli altri personaggi ma rimane comunque un film girato in maniera impeccabile, splendidamente interpretato e mirabilmente fotografato da quel mago che risponde al nome di Roger Deakins.
VOTO: 8
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