Regia di Seth MacFarlane vedi scheda film
L’orsacchiotto coprolaliaco e consumatore d’erba Ted e lo stereotipo di bionda Tami-Lynn si sposano, ma quando decidono di ricorrere a inseminazione o adozione per figliare (al fine di superare una crisi: «Se siete in difficoltà vi verrà assegnato un figlio», ribadisce The Lobster di Lanthimos) lo Stato risponde non riconoscendo i diritti del pelouche. E annullando il matrimonio. «Non è umano», dicono. «È solo un bene». Così, con il rimbombamico John (Wahlberg) e una neo-avvocatessa (Seyfried), comincia la battaglia legale per far riconoscere i diritti del pupazzo Hasbro anima-munito, tra richiami retorici alle lotte dei neri e a quelle degli omosessuali. Ted 2 è, letteralmente, una «commedia del rimatrimonio». Solo che - ed è insieme una visione critica di mondo e un’autocritica d’autore - non è la coppia a fallire, prima, per poi cambiare, ritrovarsi. È la legge a separarli, l’idea del family day: i personaggi sono sempre, irrimediabilmente, uguali a se stessi. Maschilisti infantili, cultori catodici ignoranti, cuori d’oro, conservatori e pseudotrasgressori. E uguale è il MacFarlane’s touch, vertigine demente, loop linguistico di scarti e controtempi, di ricicli e rilanci, di velleitarismo (il continuo ammicco al grande spettacolo, via musical). Qui, però, non s’accontenta dell’estasi destruens gratuita e strafatta. E, con la lotta per i diritti di Ted, chiede al suo pop chiuso in se stesso di farsi carico d’una piccola responsabilità riguardo le cose del mondo.
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