Regia di Taylor Hackford vedi scheda film
Corposo melodramma e classico film coming of age, "Ufficiale e gentiluomo" mi aveva favorevolmente colpito la prima volta che lo vidi e mi è piaciuto anche di più alla seconda visione. Gli stilemi archetipici del genere ci sono tutti: un protagonista tormentato e problematico, l'addestramento nella Marina pieno di difficoltà ma formativo, l'istruttore duro ma in fondo di buon cuore e la storia d'amore con la ragazza del posto con il tanto sospirato happy ending. Ma nonostante queste banalità, il film funziona e trasmette gli ideali mostrati nel corso della vicenda: senso del dovere, disciplina, determinazione, onestà, responsabilità personale, altruismo e rispetto verso sè stessi prima ancora che verso gli altri. Ma soprattutto simboleggia la possibilità di riscatto insita in ogni essere umano, non importa quanto il destino ci presenti delle carte di merda con cui giocare la partita. Zack Mayo, interpretato da Richard Gere in una delle sue migliori prove attoriali, è un derelitto vittima di un passato disgraziato ed inizia l'addestramento come un individualista e un dropout, per poi uscirne uomo finalmente vittorioso sui fantasmi della propria vita e con un futuro radioso ad attenderlo. Non mancano le peripezie e i momenti in cui sembra destinato a non farcela, ma con l'aiuto del caro amico Sid (David Keith, bravo nel tratteggiare un ragazzo di buon cuore ma insicuro e condizionato dalle aspettative della famiglia), del sergente Foley (Louis Gossett Jr., fantastico in un ruolo iconico che ispirò Kubrick nel tratteggiare il mitico sergente Hartman di "Full Metal Jacket") e della dolce Paula (Debra Winger semplicemente stupenda) finirà per realizzare il suo sogno. Taylor Hackford dirige con mano felice una sceneggiatura di Douglas Day Stewart abilmente costruita e di indubbia efficacia. Un classico degli anni '80 da gustare ancora oggi.
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