Regia di Liz Garbus vedi scheda film
Quando Nina Simone appare nuovamente su un palco, in Svizzera, dove vive dopo l’esilio africano in quel 1976, in molti si chiedono: What happend Miss Simone?
La faccia e i gesti non sono più quelli di dieci anni prima, Nina Simone è una donna stanca e lo dice prima di cantare una versione struggente di Stars di Janis Ian.
Liza Garbus, regista di questo splendido documentario prodotto da Netflix, ci regala e ci mostra una Nina Simone inedita e sconosciuta ai più, partendo dall’infanzia difficile vissuta durante la segregazione più violenta ed è lì che Eunice Waymon (in arte Nina Simone, niña come la chiamava il suo fidanzato Chico e Simone in onore a Simone Signoret) inizia a suonare il piano.
“Voglio diventare la prima pianista afroamericana di musica classica!”
Questa è l’ambizione di Eunice, ma siamo in un paese razzista e la ragazza lo capirà presto ripiegando sui night club per aiutare la famiglia.
Il documentario ci racconta attraverso filmati storici, interviste del passato all’artista, al suo ex-marito, ma soprattutto grazie alla figlia, la vita complessa e durissima di una delle artiste più geniali ed importanti della storia moderna.
La Nina Simone che conosciamo grazie al film è un’artista, ma soprattutto una donna, divorata da i suoi demoni: il razzismo, la violenza del marito, il sesso e poi dopo la bipolarità sempre più evidente.
In quel live del 1976 a Montreux c’è una summa di tutto quello che il documentario ci racconta: l’autismo del performer, una performer che sul palco si dà completamente trovando così la libertà che cerca; una donna stanca sfinita dal rapporto con l’ex marito, dal rapporto con gli USA che hanno rifiutato il suo attacco prepotente a tutte le istanze democratiche.
“Un paio di volte, sul palco, mi sono sentita davvero libera ed è tutta un’altra cosa! E’ davvero tutta un’altra cosa! Come se tutto…se tutto…Ti dico cos’è la libertà per me? L’assenza di paura. Intendo, davvero: niente più paura. Se potessi viverlo per metà della mia vita: niente – più – paura.” Nina Simone
Passata da gioiello nero, che tutti ascoltavano e volevano, ad artista problematica, violenta, alterata che nessuno vuole più; Nina Simone si è esposta come nessun artista, prima e dopo, per portare avanti la battaglia dei neri d’America.
Scopriamo la Nina donna, respinta perché nera, picchiata dal marito manager, depressa, eppure una forza prorompente, vitale, capace di una genialità musicale senza limiti. Una donna, soprattutto un’artista, che entra ed esce dai generi: jazz, blues, soul e li fa suoi.
E poi ci sono i diritti civili, gli attacchi frontali al governo, ai razzisti del Sud, fino alla vera e propria chiamata alle armi che configura un allineamento con le idee di Malcom X e poi delle Black Panther.
Il documentario ci regala immagini, parole, la voce, la grandezza e la fragilità di un’artista immensa, senza giudicare nessuno, mostrando e illuminando alcuni dei passaggi più importanti della vita, così sofferta, di Nina. Fino a quando a fine anni ’70 in Francia, completamente allo sbando, suona in pub da quattro soldi, senza essere riconosciuta; nessuno pensa sia davvero Nina Simone, quella che vent’anni prima suonava per Hugh Hefner in diretta nazionale.
Nina Simone ha combattuto per tutta la vita la battaglia con i suoi demoni interiori, ma soprattutto la battaglia dei neri d’America, fino ad ammettere di aver perso. Ora gli artisti neri, gli sportivi neri, sono i più quotati e fanno molto per le loro comunità; ma nessuno ha fatto quello che ha fatto Nina Simone, sacrificare la sua carriera e forse anche la sua sanità mentale.
Il film ci restituisce i bagliori e illumina i momenti oscuri, ma la grandezza di Nina rimane ed è nella sua voce, di donna nera che ha sofferto ed è quella sofferenza, così universale, che le fa toccare note dell’anima che in pochi hanno toccato.
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