Regia di Chad Gracia vedi scheda film
Fedor Alexandrovich aveva appena 4 anni nel 1986, quando avvenne l'incidente alla centrale nucleare di Chernobyl. Una trentina d'anni più tardi Fedor ipotizza un complotto in piena Guerra Fredda al centro del quale ci sarebbe un'arma inservibile di costruzione ucraina (che all'epoca si trovava sotto l'Unione Sovietica) e la Duga, un apparecchio che riproduce un suono simile a quello del picchio, costruito per interferire sulle comunicazioni del blocco occidentale. Durante lo svolgersi delle sue indagini, Fedor si ritrova nel bel mezzo di un'insurrezione popolare contro il governo di Kiev.
Dalla morte di Marilyn Monroe a quella di Pantani, passando per le Torri Gemelle, Lady Diana, Emanuela Orlandi e la guerra in Iraq, le tesi sui complotti hanno sempre suscitato un misto di fascino, curiosità e ilarità. Tutto molto bello, direbbe Pizzul, se ad accompagnare la fantasia del racconto e l'egolalia del protagonista ci fosse un minimo di capacità narrativa. Il documentario invece infligge dai primissimi minuti un durissimo colpo alla veglia della spettatore, che in una monotonia esasperante è costretto a sciropparsi un'ora e venti di sparate - magari plausibili, perché no, ma raccontate malissimo - di un giovane trombone. Nessi caduchi, testimoni refrattari, siparietti autocelebrativi involontariamente ridicoli fanno di questo film un'opera grottesca che avrebbe potuto gettare ben altre ombre sul presunto errore umano di Chernobyl.
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