Regia di Crystal Moselle vedi scheda film
Un gruppo di fratelli sono segregati in casa dai loro genitori fin dalla nascita, per la paura di affrontare ai ragazzi la brutalità del mondo. La regista Crystal Moselle va a conoscerli e, grazie anche alla disponibilità di un padre, segregatore ammorbiditosi con gli anni e con le evidenze, ne racconta le vicende.
Il cinema come unica fonte di evasione. Nel senso letterale del termine. L’unica finestra sul mondo per 7 ragazzini di origine peruviana cresciuti in un sobborgo newyorchese, che hanno imparato a conoscere il mondo soltanto attraverso i film di Lynch, Tarantino e compagnia. Un processo di socializzazione malato, formatosi in modo malsano, figlio di un senso della vita sui generis: la paura dell’effimero, del falso su cui si baserebbe la realtà diventa un tabù per i genitori, in particolare per il padre, convinto che crucciarsi per la scelta di un ristorante oppure stare a contatto con i meccanismi malsani della scuola pubblica possano portare ad un imbarbarimento delle coscienze.
Il racconto della Moselle, che parte da un’esistenza apparentemente felice pian piano lascia venire fuori il problema della segregazione, problema nelle prime sequenze quasi del tutto celato. Per una maggiore credibilità e per entrare meglio nella drammaticità della situazione della famiglia Angulo, le immagini odierne vengono alternate con immagini di repertorio, dei ragazzi ripresi in VHS che vivono la propria vita totalmente dentro casa. Una segregazione inaspettatamente pacifica, senza violenza. Semplicemente un impedire di uscire ai propri ragazzi per via di una filosofia portata all’estremo.
Un po’ troppo romanzato per essere un documentario. Per esempio manca completamente l’approccio alla condizione sessuale dei ragazzi: come hanno scoperto il sesso, per esempio. È una mancanza della regista, che non spinge a fondo, dimostrando la mancanza di un piglio giornalistico che un documentario come si deve dovrebbe avere.
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