Regia di Dario Argento vedi scheda film
Prima regia di Argento, primi coltelli: un'opera riuscita, nonostante qualche difettuccio qua e là.
Questa prima regia di Argento non è proprio niente male, perché mostra la padronanza del giovane regista nei confronti della tecnica cinematografica e nell'uso della macchina da presa, oltre che della luce e delle atmosfere. A questo proposito, la sequenza dell'omicidio iniziale è proprio suggestiva: ha un'atmosfera onirica e paurosa, nonostante avvenga in piena luce e si veda poco sangue; anche l'uso particolare del sonoro (con i personaggi che non si sentono tra loro attraverso i vetri) è davvero una buona idea.
La città (quale?) è indefinita e vagamente onirica. Molti scorci sono inquietanti, merito dei carrelli di Argento e del direttore della fotografia, che sa usare bene luce, ombre, e tenebre.
Più incerta, invece, è la rappresentazione dei diversi personaggi secondari, tra cui il pittore e qualche altro. Sono come un po' sbrodolati, manca cioè quella nettezza di tocco che certamente è possibile raggiungere e che altri raggiungono. Anche la ragazza convivente è un po' insapore. Funziona bene solo nella riuscita sequenza della tentata aggressione in mansarda.
Quanto al resto – cosa che non mi stupisce affatto – il regista dichiarò in un'intervista (che va in onda alle volte la notte su Raimovie) che il film non l'aveva “inventato”, ma sognato, almeno nello spunto iniziale e nell'ossatura della trama. Del resto, i sogni si distinguono sempre dall'invenzione vera e propria.
Sangue già presente ma ancora contenuto.
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