Regia di Dario Argento vedi scheda film
Il Dario Argento degli esordi è stato un maestro del cinema di genere, ormai è cosa assodata. Il suo esordio con "L'uccello dalle piume di cristallo" ha fatto scuola per molti motivi, ma a mio parere, oltre alla bravura tecnica e a una buona sceneggiatura che rinnova lo schema del giallo cinematografico, ciò che lo distingue in positivo è che il regista sapeva dare a queste sue prime produzioni un respiro internazionale che le ponevano più avanti di quanto facessero altri suoi colleghi, forse con la sola eccezione di Mario Bava. Oltre alle suggestioni hitchcockiane che in un film del genere sono inevitabili (nel finale c'è una spiegazione psichiatrica che replica in maniera evidente quella che concludeva "Psycho" del Maestro inglese), c'è anche molto Fritz Lang e un po' di "Blow up" di Antonioni, ma rielaborati con intelligenza in un prodotto che pur non rinunciando ad una confezione curata e accattivante, si preoccupa anche della sostanza, di riflessioni sui pericoli insiti nella visione. È un thriller pulp, insomma, ma secondo me c'è anche qualcosa di più, e il pubblico lo capi' da subito decretandone un notevole successo non solo in patria. Nel cast un Tony Musante molto più spigliato che nei film tipo "Anonimo veneziano" e un infallibile Enrico Maria Salerno nella parte dell'ispettore; non male la galleria di personaggi secondari, fra cui merita di essere citato almeno il pittore naif interpretato da un autoironico Mario Adorf. E un esordiente che poteva permettersi i contributi tecnici di Storaro alla fotografia e Morricone alle musiche aveva comunque una marcia in più; é uno dei gialli argentiani invecchiati meglio, con un'efficace tenuta complessiva del racconto, invenzioni visive ancora sorprendenti, compreso il ricorso determinante al fermo immagine in alcune sequenze della prima parte, e un'ironia che non guasta in alcune figure minori, oltre ad un'ambientazione romana puntuale e per nulla decorativa.
Voto 8/10
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