Regia di Dario Argento vedi scheda film
Inizio film: Primo piano delle mani inguantate di nero dell'assassino, che mette in ordine la sua testa malata con le fotografie "rubate" della sua prossima vittima. Guanti neri, immagini rosse...il contrasto che tanto sarà caro a Dario Argento. Musica con coretto cantilenante e ossessiva del grande Ennio Morricone.
Dario Argento si presenta così: subito in soggettiva nella mente del maniaco (ancora non Serial Killer, siamo nel 1970), fa una carrellata nella testa malata di chi uccide per esorcizzare paure antiche.
Dopo la presentazione dell'assassino, veniamo calati in una veloce presentazione del protagonista: Tony Musante, molto carino all'epoca, di buon impatto...che interpreta uno scrittore americano, venuto a Roma perchè non vi succede mai niente di interessante.
Invece proprio il giorno prima di ripartire per gli Stati Uniti, assiste suo malgrado al tentato omicidio di una donna in una galleria d'arte. Argento imprigiona la scena più importante in un triplo spazio: la scena dell'aggressione all'interno della galleria, il testimone (Musante) che rimane imprigionato in un intercapedine di doppi vetri blindati, e la strada, l'esterno, da dove arriveranno i soccorsi...Musante si trova perciò ad assistere alla scena più importante, ma senza vedere chiaramente chi è l'aggressore, e senza udire alcuna parola o suono...Tutto qui il grande trucco illusorio di Argento, quello di farci assistere senza osservare, sentire senza ascoltare...e la scena dell'aggressione ritornerà nella mente del protagonista come un ossessione per tutto il film, cercando di capire cos'è il particolare che gli èsfuggito, e che può servire per risolvere il caso.
La trama si scioglie tra alcuni dei delitti più caratteristici del giallo italiano di quegli anni, Argento non è ancora "splatter", ma sa usare la paura, quella vera...facendoci percorrere trombe delle scale che diventano improvvisamente buie, ascensori-tombe, porte aperte su corridoi che servono da cornici per la sagoma dell'assassino, una Roma stranamente buia, fredda e nebbiosa...Quadri naiff che rivelano un antico ricordo dell'assassino, piccoli spunti che servono per far nascere dubbi su ogni personaggio della storia, facendoci dubitare fino in fondo sull'identità dell'assassino. Insomma Argento gioca tutte le sue carte, subito, regalandoci un bellissimo film, pieno di suspance, e momenti di vera paura.
Una su tutte, la scena per eccellenza, quella dove l'assassino cerca di entrare in casa di Musante, sapendo che all'interno c'è solo la sua fidanzata. La penetrazione della lama nella porta di legno, l'occhio che sbircia all'interno, mentre la donna terrorrizzata cerca di fuggire dalla finestra del bagno, ci portano alla famosa scena di "Shining" e non riusciamo a non credere che Kubrick abbia visto questo film, e si sia lasciato un po' catturare anche lui dalla suspanse "argentiana" (almeno mi piace pensare così).
Il finale cerca la sorpresa, e ci riesce, lasciandoci con il fiato sospeso fino in fondo...forse l'unica pecca è la spiegazione un po' didascalica della soluzione lasciata al commissario, nell'ultimissima scena.
Un tenerezza del film, che lo rende un po' datato è la tecnologia dell'epoca che la polizia scientifica utilizza per venire a capo della soluzione...viene un sorriso sulle labbra nel vedere il "cervello elettronico" con grosse bobine, pulsantoni rossi che lampeggiano, ed esperti in camice bianco...e alcuni termini utilizzati, tipo: pervertiti, maniaci sessuali, che non sentiamo più da molti anni nei film e telefilm polizieschi.
Ottima.
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