Regia di Dario Argento vedi scheda film
La causa del prolifico filone giallo degli anni '70 è tutta da attribuire all'inaspettato successo di questo innovativo film diretto da un allora esordiente Dario Argento. All'epoca dell'uscita, dopo un primo apparente insuccesso, il film venne ridistribuito e riscosse un accoglienza di pubblico senza precedenti. Tutto questo creò il presupposto per la realizzazione della trilogia zoonomica di Dario (composta da Il gatto a 9 code e Quattro mosche di velluto grigio): quella attinente al giallo puro, al whodunit (contrazione da who do it? - chi l'ha fatto?) e consistente nella ricerca dell'assassino che, solitamente viene smascherato solo negli ultimi minuti del film. Sicuramente ad Argento deve essere riconosciuto il coraggio di aver percorso uno stile di regia completamente nuovo ed in "controtendenza". Le scene dei delitti (oggi leggere, ma all'epoca...) sono molto curate graficamente ed in questo si può riconoscere che Argento, erroneamente indicato come emulo di Hitchcock, in realtà fa riferimento a Mario Bava. Bava già con La ragazza che sapeva troppo (che presenta molte analogie con il film di Argento) nel 1962 gettava le basi del giallo all'italiana che avrebbe poi codificato nel 1964 con 6 donne per l'assassino. A Bava, ingiustamente, non arrise il successo, cosa che invece si è concretizzata all'uscita di questo (notevole) film.
Un classico di Ennio Morricone (che accompagnerà con le sue "note in nero" decine di altre storie gialle).
Argento è stato un grande regista: non lo si può non riconoscere. Tuttavia nel correre degli anni il suo estro creativo (alimentato dalla citazione e dall'autocitazione di se stesso) viene scemando di mano in mano che pone come fulcro delle sue storie la figlia Asia. Per ritagliare alla stessa i ruoli principali il regista pecca di sceneggiatura, raggiungendo livelli allarmanti nel periodo 1994 - 1997. La sindrome di Stendhal (1995), ad es., è un lampante paradigma delle incoerenze narrative riscontrate nelle deliranti sceneggiature. Purtuttavia mantenendo la tecnica di ripresa a livelli nettamenti superiori alla media, Argento raggiungerà il suo punto minimo con Il fantasma dell'Opera (1997). Fortunatamente Non ho sonno (2000) segna il ritorno del regista alla cura della storia, oltrechè alla maniacale attenzione tecnica che qui, lo si deve ammettere, tocca punte di perfezione stilistica uniche ed inimitabili.
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