Regia di Pier Paolo Pasolini vedi scheda film
“Uccellacci ed uccellini” ci offre, anzitutto, una poetica della marginalità, delle persone e delle cose accantonate, che ingombrano la scenografia suburbana, ostruendo la vista. Il film si apre con un inno agli ultimi, attraverso la cui vita semplice e ritirata si manifesta la voce universale della creazione di Dio. La religiosità di fra Ciccillo è quella fatta di pensiero e dedizione, e nulla ha a che vedere con la sua versione profana e popolare, grondante di superstizione e superficialità. Quest’opera contiene l’esaltazione lirica dell’umanesimo pasoliniano, teneramente incarnato dalla coppia Totò-Ninetto, ma carico di amarezza, di fronte ad una società che potrebbe elevarsi e progredire, volare verso il futuro con le risorse interiori della scienza, della fede e dell’ideologia, e, invece, rimane ottusamente ancorata al terreno, a soddisfare i bisogni della “pancia”. Il film è ambientato in un mondo prosaico, quasi animalesco, impantanato in una sorta di squallida catena alimentare, soffocato dal mito verghiano della “roba”, che da cibo diventa terra, secrezione fisiologica e “munnezza”. Quella ritratta da Pasolini è un’umanità che potrebbe essere in cammino, e, invece, è solo in fuga, via dalle guerre e dalla miseria, verso un orizzonte lontano, e desolatamente vuoto.
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