Regia di Mike Slee vedi scheda film
Girato come un finto documentario nel 2013, “The Great Martian War” prende spunto da un evento ucronico: l’invasione della terra “avvenuta” nel 1913 da parte di alieni provenienti da Marte, che trascinò il globo in un conflitto tremendo.
Lo stile documentaristico divide il racconto in capitoli, dalla venuta degli alieni alle varie fasi della guerra, con due diversi piani temporali ad intervallare l’esposizione: gli eventi analizzati in tempi moderni da studiosi dell’argomento (la direttrice del Museo della Grande Guerra Marziana ed il professor Lawrence Hart alias Daniel Matmor) ed il racconto storico della voce narrante, impersonata nella versione originale da Mark Strong. Una tipica narrazione strutturata per un uso televisivo, da canale tematico e quindi non particolarmente precisa nella sceneggiatura, che riesce però a coinvolgere grazie all’incedere serrato ed all’idea “romantica” alla base del tutto: che le nazioni europee (oltre agli U.S.A.) realmente coinvolte nel mattatoio della 1° guerra mondiale, ufficialmente scatenata dalla morte di un arciduca ma in realtà iniziata per le classiche motivazioni egemoniche, si siano invece unite per affrontare un nemico comune, un invasore crudele e spietato. Che abbiano lottato coraggiosamente insieme per la sopravvivenza delle specie piuttosto che massacrarsi vanamente a vicenda per la sete di potere di pochi.
La ricostruzione storica è abbastanza accurata, si va infatti dal sapiente uso delle immagini dell’epoca (soprattutto di trincea) modificate dall’inserimento dei letali tripodi marziani (immagini spesso ripetute, circostanza questa compatibile con le pioneristiche tecniche di videoripresa dell’epoca) al felicemente funzionale retroterra sia “antropologico” che storiografico e tattico. L’ispirazione è ovviamente tratta dal romanzo “La guerra dei Mondi” di H.G. Wells del 1897, ma si colgono dei riferimenti anche al fumetto “L’Eternauta” del 1957-59 di Hector Oesterheld e Francisco Solano Lopez (le differenti tipologie di macchine aliene, l’ineluttabilità degli accadimenti e la spiegazione finale sulle motivazioni aliene).
Ma il valore aggiunto lo danno le “finte” testimonianze (vecchie di una decina d’anni) dei sopravvissuti, dei loro racconti in prima persona, degli eroismi compiuti e delle paure provate nelle circostanze più disperate. Resoconti resi particolarmente convincenti dalla bravura degli attori coinvolti, su tutti la brava Hazel Douglas (nei panni di Alice Hale, l’unica testimone di un episodio significativo dei fatti narrati).
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