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Quant'è bella la Bernarda, tutta nera, tutta calda

Regia di Lucio Dandolo vedi scheda film

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La recensione su Quant'è bella la Bernarda, tutta nera, tutta calda

di mm40
1 stelle
Mentre sta compiendo un esorcismo su una bella e prosperosa giovane, un mago racconta novelle erotiche: mariti e mogli infedeli, fraticelli 'allegri', filtri d'amore, vergini desiderose di non esserlo più sono fra i protagonisti di queste storielle sopra le righe.
 

C'è qualcosa da aggiungere al titolo? Pare di no. Leggendario, senz'altro, ma d'altronde perfettamente aderente ai contenuti dell'opera: sciatti, squallidi e imbastiti alla meglio, miseramente, fra volgarità gratuite e situazioni becere a profusione. E nudi femminili, naturalmente, tanti nudi femminili dappertutto, disseminati senza cautela alcuna lungo l'ora e mezza di durata della pellicola. Per chi credeva che il decamerotico, degenerazione del Decameron pasoliniano (1971), fosse un sottogenere del cinema erotico nostrano fiorito e scomparso nell'arco di un paio di anni, ecco un reperto come questo Quant'è bella la Bernarda, tutta nera tutta calda, che approda sui grandi schermi - presumibilmente su molto pochi - addirittura nel 1975, quando il filone era ormai uno sbiadito ricordo. Ma in realtà è soltanto colpa della censura se il film esce in ritardo di circa due anni rispetto alla sua realizzazione, va annotato. Lavoro poverissimo, mal confezionato, volgare a oltranza e che esce fuori tempo massimo: che altro chiedere, per un vero amante del trash e dello scult? Sconsigliatissimo, manco a dirlo, per chiunque altro. Mario Brega e Salvatore Baccaro (in un cameo o poco più) sono gli unici due nomi degni di nota nel cast, che comprende anche terze/quarte linee del calibro di Mariangela Giordano, Luigi Guerra, Dada Gallotti o Fortunato Cecilia, nonchè l'habituèe dei decamerotici Claudia Bianchi, meteora di quel periodo di superlavoro per il cinema di genere. Medesimo discorso potrebbe farsi per il regista Lucio Dandolo, che girò 3 pellicole fra il 1971 e il 1975, scomparendo quindi nel nulla; da segnalare però che il suo esordio del 1971 fu con lo spaghetti western Il suo nome era Pot, in co-regia con il 'Maestro' del trash Demofilo Fidani. Sceneggiatura: Luigi Russo. 1,5/10.

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