Regia di Franco Rossi vedi scheda film
Vasco Pratolini scrisse Lo scialo, uno dei suoi romanzi più monumentali, per illustrare il passaggio della borghesia italiana, piccola e grande, dal liberalismo e dal socialismo di stampo ottocentesco all'ideologia fascista. Questa classe sociale lo fece per paura (sia delle violenze fasciste che della rivoluzione comunista di tipo sovietico), per convenienza, per quieto vivere, raramente per convinzione, anche ai livelli più alti.
Se l'intento del film è lo stesso del romanzo originario, è indubbiamente lodevole, peccato soltanto che il risultato non sia all'altezza. Franco Rossi, l'autore dell'Odissea televisiva, dedica il suo sceneggiato (credo che negli anni Ottanta si chiamasse ancora così) alla memoria di Valerio Zurlini, che da Pratolini aveva tratto il suo struggente Cronaca familiare. Nella sigla iniziale si vede addirittura la strada che nel capolavoro zurliniano veniva percorsa dal protagonista bambino in compagnia della nonna. Manca, però, la tensione poetica instillata da Zurlini nelle sue immagini. Manca anche Firenze, che spesso nei romanzi pratoliniani ha rappresentato un protagonista a pieno titolo. È pur vero che il linguaggio televisivo è per sua natura più piatto rispetto alla libertà (almeno teorica) del cinema, ma qui la ricostruzione d'ambiente sembra sterilizzata e quasi ricostruita in laboratorio.
Il fatto che uno dei migliori interpreti in campo risulti Eleonora Giorgi la dice lunga sul grigiore dell'insieme. Per la verità, il migliore secondo me è Josè Quaglio, che interpreta il ruolo del suocero del protagonista (Massimo Ranieri): peccato che scompaia troppo presto.
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