Affresco di un periodo turbolento della storia italiana: le vicissitudini di una coppia di coniugi - pur distanti fra loro - nella Firenze del primo dopoguerra, destinata ad ascendere alla borghesia durante il fascismo, si mescolano con quelle di una ricca proprietaria terrena che vede invece la sua fortuna svanire.
Quattro film in uno: poker di episodi televisivi, ciascuno della durata di un'ora e mezza circa, per mettere in scena l'omonimo romanzo di Vasco Pratolini, uscito nel 1960. Lo scialo è un affresco dell'Italia che esce malconcia dalla prima guerra mondiale, abbraccia il fascismo e se ne ritrova soggiogata, il tutto visto attraverso le vicende di una serie di personaggi fiorentini; la regia è quella solida ed efficace di Franco Rossi, buon illustratore e già esperto di messe in scena per la Rai (il suo primo lavoro per la tv di Stato risaliva a vent'anni prima, l'Odissea, del 1968). Anche gli interpreti sono all'altezza della situazione: Marisa Berenson, Massimo Ranieri (curiosamente già protagonista del Metello diretto da Mauro Bolognini nel 1970: Metello è un altro romanzo di Pratolini legato a doppio filo a Lo scialo), Remo Girone, Stephane Ferrara, Eleonora Giorgi e una lunga serie di cognomi slavi a completare il cast di questa coproduzione fra Italia - Jugoslavia - Francia - Germania Ovest (molto presto la metà di queste nazioni non sarebbe più esistita). La sceneggiatura parte da una trasposizione del romanzo - ormai datata, ma fino a quel momento inedita - di Ugo Liberatore e Valerio Zurlini, morto cinque anni prima e destinatario della dedica in apertura di ogni puntata del film; il copione scritto per il cinema dal duo appena citato è stato successivamente rielaborato da Franco Rossi e Ottavio Alessi per la tv. Nel complesso un lavoro ambizioso e qualitativamente superiore in maniera imbarazzante agli analoghi film televisivi che infesteranno i piccoli schermi italiani negli anni anche immediatamente successivi. 5/10.
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