Regia di Claude Barras vedi scheda film
A chi è destinato La mia vita da Zucchina, primo lungometraggio in stop-motion dello svizzero Claude Barras? Di sicuro non ai più piccoli. La storia - quella di Icaro, detto Zucchina, un ragazzino di dieci anni che, alla morte della madre sfaccendata e alcolizzata, finisce in un orfanotrofio dove deve vedersela con il bullo di turno ma dove si invaghisce anche di una coetanea - è talmente triste che al confronto la morte della madre di Bambi sembra una barzelletta e bisognerebbe voler davvero male a un bambino per portarlo a vedere un film del genere. Agli adulti, allora? Può darsi. Ma il film tratto da un libro di Gilles Paris e adattato per lo schermo da Céline Sciamma è una ridda di situazioni che accentuano in maniera talmente smaccata il lato poetico dell'opera, ricorrendo a simbolismi bolsi, da renderla posticcia e alla portata dei palati meno esigenti. Tra bambini abusati, semiautistici e discriminati e zie conciate come battone, questo romanzo di formazione - che sembra essere programmaticamente sponsorizzato dalla Kleenex - cerca a tutti i costi il ricatto emotivo dello spettatore, trovando però solo una serie di vieti luoghi comuni.
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