Regia di Nicolas Saada vedi scheda film
La cronaca di un attentato terroristico vissuto attraverso l'esperienza terrorizzante, ma anche intima, di una delle vittime: la giovane Louise, barricata nella sua camera d'albergo mentre poco distante imperversano morte e distruzione; la sua vita compromessa dalla scelta di restare nel posto sbagliato, nel momento sbagliato. Un calvario che lo spettatore vive in prima persona, e legato al filo sottile e fragile di una comunicazione telefonica che la ragazza rivolge ai propri cari. Il sostegno della famiglia, di valore più morale che concreto, attraverso un colloquio via filo dai connotati almeno a tratti commovente,
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Mumbai anno 2008: una famiglia anglo-francese (padre francese, madre inglese o americana) accetta di stabilirsi per due anni nella metropoli indiana ove il capofamiglia andrà a ricoprire un importante ruolo dirigenziale non ben specificato. Pertanto la figlia diciottenne Louise accetta di seguire i genitori e si predispone ad una nuova vita in un nuovo mondo, dove non conosce nessuno.
Arrivati in loco, l'azienda del padre offre loro alloggio, in attesa della sistemazione definitiva, in una suite del prestigioso hotel Taj Mahal: un alloggio lussuosissimo ed ovattato che si staglia tra la via principale ed il lungomare, dando accesso ad una vista che spazia sul traffico cittadino e si estende verso tramonti ed albe da leggenda.
La vita scorre monotona in quella reggia asettica ove la ragazza, in attesa dell'inizio delle scuole, trova una certa difficoltà ad adattarsi.
Una sera come tante altre, la ragazza sceglie di restare in camera laddove i genitori si preparano per una cena di lavoro. Scelta quanto mai avventata perché proprio in quella serata l'hotel simbolo del lusso in una città ove ricchezza estrema e povertà assoluta convivono apparentemente senza troppo problemi, diverrà oggetto di un feroce attacco terroristico.
Da quel momento le ore che seguiranno saranno cruciali e segneranno il tentativo della giovane di sopravvivere al peggio, in un gioco perverso tra il gatto ed il topo in cui quest'ultimo può solo celarsi e sperare di non essere preso, e di uscirne vivo.
Tra la ragazza ed i genitori, attori impotenti e pietrificati dall'orrore fuori della struttura, solo un filo telefonico che unisce e rende la dinamica dei fatti ancora più febbrile e concitata, oltre che drammatica.
La scelta del regista Nicolas Saada - alla sua opera seconda dopo "Un simple espion", altro film che impiega come questo tutto un suo tempo per ingranare - di restare completamente al di fuori della minaccia vera e propria, senza ricorrere quasi ad alcuna caratterizzazione dell'attentato, nelle sue dinamiche come nei suoi protagonisti, in fondo si rivela una scelta molto meno superficiale ed anzi di fatto originale e coraggiosa, facendo il modo che il film si concentri unicamente sulla tensione e la paura, che si dipingono efficacemente sul volto fresco e "puro" della bella Stacy Martin, di fatto protagonista assoluta del dramma.
Pertanto nulla serve a descriverci la minaccia se non i rumori di fondo, terribili proprio perché incognite inaspettate, e le immagini veloci che l'occhio della protagonista riesce a catturare dallo spioncino della suite ove si è barricata.
Certo il film impiega poco più di un'ora per giungere al suo epilogo, e poi si serve di riempitivi, ripensamenti e rielaborazioni decisamente inutili e necessari solo a riscaldare un pò il brodo: ma la vicenda centrale possiede, nella sua dinamica in crescendo, una sua accurata suspence e una capacità di attrazione ed un realismo che ci mette in condizione di identificarci nel dramma della sfortunata protagonista, come in quello dei suoi comprensibilmente terrorizzati genitori (ma Gina McKee che interpreta la madre è decisamente più ispirata ed espressiva del pur quotato, ma un pò inerme, Luis-Do De Lencquesaing).
Tra i ruoli di contorno, troviamo Alba Rorhwacher nei panni di una sposa in viaggio di nozze, pure lei prigioniera della fortezza dorata in fiamme, e pure lei protagonista di un tentativo di salvataggio in extremis.
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