Regia di Brian Helgeland vedi scheda film
Tom Hardy ce l'ha fatta. Ci sono pellicole che non brillano per originalità, spessore, particolare significato, slancio artistico o velleità. Mirano prosaicamente a far cassetta andando sul sicuro per stilemi e genere. Legend è una di queste. Come giustamente sottolineato da più parti, un film derivativo, una sorta di figlio illegittimo di Scorsese e Guy Ritchie. Diciamolo: non brutto; ma non più che discreto. L'attore inglese protagonista classe '77, già nel cult Bronson, villain in uno dei Batman più interessanti, one man show in Locke, nuovo recente Mad Max, presenza di rilievo ne La Talpa e in un'altra manciata di episodi cinematografici di livello, entra a buon diritto nell'olimpo degli attori che contano, e piazza solide basi per assurgere al ruolo di divo. Sì, perché cosa c'è di meglio di una candidatura all'Oscar a fianco del Di Caprio migliore (e quindi di conseguenza brillare di luce riflessa in una performance comunque notevole di suo nell'ultimo Inarritu), vedere il succitato Mad Max accaparrarsi premi (seppur tecnici) e in contemporanea uscire sugli schermi di mezzo mondo con Legend? Quest'ultimo è Tom Hardy al quadrato, carta bianca per l'interprete di talento che gli appassionati della settima arte hanno imparato ad apprezzare negli ultimi anni. Due gemelli, un classico della finzione narrativa. Due gangster, uno elegante e scaltro, l'altro dissennato e incontrollabile. C'è tutto il campionario di atteggiamenti, espressioni, trucco (poco) e parrucco, mossette e impostazione di voce possibile e immaginabile a sottolineare e diversificare l'uno e l'altro personaggio. Tanta roba, troppa roba. Il fratello pazzo e iperviolento è un eccesso continuo. Il doppiaggio italiano peraltro (ci si immagina fedele al lavoro in originale per professionalità e mestiere) è al limite del grottesco. Ma alla resa dei conti, tornando al concetto di partenza, tutto ciò poco importa di fronte alla puntualità d'uscita e all'efficacia che film come questo producono nella costruzione di un'immagine al top a livello globale dei loro protagonisti. A caratteri cubitali in trailer, manifesti promozionali, locandine web, eccetera, Tom Hardy troneggia e gongola. Si è fatto finalmente un nome anche per il grande pubblico. Ce l'ha fatta.
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