Regia di Claude Lelouch vedi scheda film
Lelouch rappresenta al massimo, secondo me, un certo tipo di cinema francese: leggero, vacuo, vanitoso e un po' pieno di sé. Molto spesso un po' fatuo e convinto di raccontare moltissimo, anche se alla fine, stringi stringi, resta assai poco. Così è, a mio parere, anche Tutta una vita, storia di un industriale ebreo francese, deportato in campo di concentramento e diventato, dopo la guerra, assai ricco con uno stabilimento calzaturiero. Film sentenzioso all'eccesso, con battutte anche banalotte, del tipo «per essere universale devi essere personale», formato da due storie, delle quali una - quella di Sarah - dovrebbe essere drammatica e l'altra - che riguarda il ladruncolo Simon - "comica" o comunque leggera, sembra contraddire la frase sopra citata, che dovrebbe condensare in sé il segreto della creazione artistica. Lelouch, infatti, cerca i massimi sistemi ma riesce al massimo a dirci qualcosa su sé stesso e sul suo modo di fare cinema (che per me non è il massimo della vita).
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