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Quel fantastico peggior anno della mia vita

Regia di Alfonso Gomez-Rejon vedi scheda film

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La recensione su Quel fantastico peggior anno della mia vita

di supadany
8 stelle

TFF 33 Festa Mobile.

Classico prodotto da Sundance, intendiamoci subito, in questo caso è un complimento visto che prende a mani basse parecchie caratteristiche del cinema indipendente americano unendo ironia, lacrime, intelligenza ed intraprendenza con autorità e senza alcuna titubanza.

Greg Haines (Thomas Mann) è un liceale con la passione per il pariodare i film classici che coltiva col suo migliore amico di sempre Earl (Rj Cyler) all’insegna del cazzeggio.

Qualcosa in lui però cambia quando scopre che la sua compagna di scuola Rachel (Olivia Cooke) ha la leucemia e farà di tutto per stare a suo fianco, ovviamente a modo suo, lontano dai comportamenti omologati.

 

Olivia Cooke, Thomas Mann

Quel fantastico peggior anno della mia vita (2015): Olivia Cooke, Thomas Mann

 

Non stupisce per niente che “Me and Earl and the dying girl” abbia vinto il premio del pubblico allo scorso Sundance, l’unico dubbio che potrebbe far trasparire potrebbe essere legato a quanta premeditazione (comunque sempre di meno dei titolisti italiani che ci prendono per fessi) ci sia dietro questa operazione che riesce ad insinuarsi sottopelle con un’estrema facilità.

Sfacciato nell’affrontare una terribile malattia (il protagonista ci scherza anche pesantemente), cinefilo finanche nelle budelle (avete presente “Be kind rewind” e in generale Michel Gondry? Bene moltiplicate per due), logorroico nel linguaggio, chiaramente si è ripetutamente vicini all’eccesso su più aspetti, ma prima di fare il passo più lungo della gamba si ritrova sempre un minimo di stabilità.

E lo fa lasciando spazio per tutto, in primis per il divertimento a briglia sciolta, il pubblico vuole ridere, se poi ci aggiungi dell’altro a valle come in questo caso, allora hai l’occasione per testimoniare qualcosa di diverso probabilmente arrivando al cuore dello spettatore.

Ci si arriva partendo dal classico protagonista superficiale che imparerà qualcosa sulla vita, ma anche noi ne possiamo trarre più lezioni, a partire dell’importanza biunivoca della generosità senza compromessi e del dare una seconda opportunità; più scontato dire che l’abito non faccia il monaco, lo sappiamo, ma a corredo non sfigura ricordare che prima di giudicare definitivamente è sempre meglio avere qualche nozione in più.

Un lavoro di contatto/impatto fisico e sensoriale per Alfonso Gomez-Rejon che si rafforza con più riferimenti, ma si dimostra soprattutto abile nel trattare un tema delicato (la malattia) rimanendo sospeso tra commedia e dramma, anzi, sarebbe meglio dire addentrandosi in entrambi con tempi scafati (prima conquisti la fiducia e poi affondi il colpo altrove), arrivando ad essere semplicemente esilerante (per questo basterebbe la disavventura da “drogati per sbaglio”dei due ragazzi), ma ricordandosi anche dei valori, della fantasia e che in fondo non si può solo scherzare anche se l’età dei suoi protagonisti farebbe pensare il contrario.

Difficile non farsi accalappiare.

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