Regia di Sam Mendes vedi scheda film
Ernst Stavro Blofeld è tornato. Il risvolto privato e familiare del suo rapporto con 007 è inaccettabile per qualunque bondiano. Rimosso questo, e la terribile canzone dei titoli di Sam Smith, possiamo pensare al film. Che ha elementi di grande interesse, prima di tutto lo spessore cinematografico: ritorno alla pellicola dopo il digitale di Skyfall, un prologo tra i più emozionanti della serie, aperto da un pianosequenza che attraverso movimenti di macchina in verticale e orizzontale anticipa la vertigine della scena in elicottero; una sequenza in treno altrettanto “fisica”, una visione di Roma cupa e notturna come quella di Suburra (pioggia esclusa: l’inseguimento sul Tevere però non è granché), il giusto peso a tutti i caratteri, senza strafare nella “nolanizzazione”, seguendo il gusto originale, a volte poco ortodosso, dello shakespeariano Sam Mendes. Poi, Léa Seydoux: la migliore Bond girl dai tempi di Carole Bouquet/Melina Havelock. Tornano, con successione piacevolmente antologica, i luoghi topici della serie: l’elicottero (Solo per i tuoi occhi), il treno (A 007, dalla Russia con amore, Vivi e lascia morire), la clinica alpina (Al servizio segreto di sua maestà), la base nel deserto meteoritico (Una cascata di diamanti), i motoscafi sul Tamigi (Il mondo non basta). Il resto è azione, è James Bond: non siamo ai livelli di Casino Royale (per me il miglior 007 di Craig) ma il franchise è in ottima forma.
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